Alessandro Tassoni: Vita e Opere, La Secchia Rapita

Alessandro_TassoniLa vita

Di nobile famiglia, nacque a Modena nel 1565. Studiò filosofia, legge e retorica a Bologna, Pisa e Ferrara. Dopo una giovinezza scapestrata, entrò nel 1597 al servizio del cardinale Ascanio Colonna, che seguì in Spagna come primo segretario (1600-03). Ammiratore sincero di Carlo Emanuele I di Savoia, allora impegnato ad affermare la propria indipendenza dalla Spagna, divenne nel 1618 segretario della sua ambasciata a Roma. Il rapporto di collaborazione non si sviluppò nel senso da lui desiderato neppure durante il soggiorno alla corte di Torino (1620-21). Amareggiato, si ritirò a vita privata. Dopo un periodo passato a Roma al servizio del cardinal Ludovisi (1626-32), rientrò a Modena, restando alla corte estense fino alla morte (1635).

Le opereAlessandro_Tassoni_monument

Il carattere bizzarro, polemico e amante dell’esagerazione, si esprimono appieno nell’abbondante produzione saggistica. Al 1602 risale la stesura delle Considerazioni sopra le “Rime” del Petrarca (pubblicate nel 1609), la prima espressione della rivolta secentesca contro la riproduzione pedissequa del modello petrarchesco e il dogmatismo degli aristotelici, elaborato a metà del secolo precedente sulla base di una lettura prescrittiva della Poetica del filosofo greco. Notevoli risultano poi i Pensieri diversi (9 libri nel 1612) completati nel 1620 da un decimo libro in cui si propone un argomento di polemica sugli antichi e i moderni.
Dall’insieme dell’opera emerge, tra intuizioni geniali e banalità, un atteggiamento audacemente polemico nei confronti delle autorità tradizionali. Attaccando Aristotele, Petrarca e Omero, Tassoni afferma senza mezzi termini la superiorità dei tempi moderni sugli antichi.
Bersaglio delle due vigorose orazioni intitolate Filippiche (1615), è il “mostruoso ciclope dell’imperio spagnolo” di Filippo II. Attraverso queste operette Tassoni si rivolge al “signor duca di Savoia” per incitarlo a liberare l’Italia dallo straniero.

La secchia rapita

Secchia-rapitaLa fama dell’autore è affidata alla Secchia rapita, poema “eroicomico” in ottave completato nel 1618 con l’aggiunta di due canti ai dieci della prima stesura. Pubblicato a Parigi, fu ritoccato per soddisfare le richieste della Congregazione dell’Indice. L’edizione romana presenta curiosamente due versioni: una, in pochi esemplari, destinata al papa e una seconda, per il vasto pubblico, fedele alle scelte originarie.
Lo schema dell’azione (le vicende di una guerricciuola medievale tra Modena e Bologna) ripropone l’impalcatura del poema eroico. Ma Tassoni innesta sulla materia epica e sul suo modello “alto” (la guerra di Troia cantata da Omero) elementi destinati a sminuire il significato più nobile di quei valori eroici (civili e religiosi). L’argomento è storico ma, se i singoli fatti storici (di portata ben limitata) sono storicamente provati, l’autore si prende la libertà di invertirne l’ordine: il furto della secchia, che nel poema dà l’avvio alla guerra, avvenne in realtà alcuni secoli dopo i fatti che nell’opera concludono il conflitto.
Lo scopo perseguito è dichiaratamente il “diletto”, il piacere, non l’elevazione morale o religiosa del lettore; lo strumento utilizzato per svolgere il poema è la sperimentazione di una nuova costruzione letteraria: l’autore compose questo poema per passatempo e per curiosità di vedere come riuscivano questi due stili mischiati insieme, grave e buffonesco. Alla contaminazione della poesia epica e comico-realistica Tassoni aggiunge ancora altri ingredienti: episodi cavallereschi, lirici, idilliaci e parodie mitologiche, in una esagerata varietà di materiali e stili.
La recente letteratura critica tende a sottolineare la parodia tassoniana come elemento di forte consapevolezza e di volontà di sovvertire i valori di una società che vive il momento di crisi più lacerante e tenta, sulla base di una realtà in continuo mutamento, di ravvisare nuove prospettive: il grottesco, l’irrisione, il carnevalesco, il volgare, il sovvertimento dell’organicità narrativa vanno quindi accolti come indici di una nuova sensibilità, quella barocca, capace di mettere in discussione un universo “alto” e “sublime” che sta mostrando profonde crepe.

Pubblicato da bmliterature

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