Primogenito di un’influente e nobile famiglia, Cesare Beccaria nacque a Milano nel 1738, studiò a Parma presso i Gesuiti e si laureò in Legge a Pavia (1758). Il matrimonio con la vivace e volubile Teresa Blasco, di umili origini, gli costò un aperto scontro con i genitori; dall’unione nacque, nel 1762, Giulia, futura madre di Alessandro Manzoni.
In compagnia di altri giovani progressisti, lesse con vivo interesse i testi degli illuministi francesi (in paricolare le Lettere persiane di Montesquieu).
Il saggio Dei delitti e delle pene, scritto di getto tra il 1763 e il 1764 sulla scia di animate discussioni con i fratelli Verri, conobbe un successo travolgente, proiettando l’autore al centro della cultura progressista europea. L’opera non dimostrava soltanto la barbarie dei sistemi inquisitoriali e carcerari del tempo, ma poneva la questione fondamentale del fine della pena; annullava la tradizionale identificazione tra peccato e reato e collegava in modo estremamente persuasivo quegli orrori con la struttura stessa dello Stato tradizionale e il dispotismo che questo realizzava nelle istituzioni e nelle sue modalità di intervento.
Il resto della vita fu assorbito dagli studi d’economia e dalla compilazione delle Ricerche intorno alla natura dello stile (1770), una storia generale del progresso civile dell’umanità, che tuttavia l’autore non arrivò a concludere. Ricoprì importanti cariche nell’amministrazione asburgica dello Stato, assolvendo i suoi impegni con solerzia, equilibrio e intelligenza. Le sue “consulte” (relazioni) rivelano una comprensione matura e politicamente avvertita dei problemi concreti della popolazione.
Morì nel 1794.