Giovanni Boccaccio – Le opere del periodo napoletano

Boccaccio-Ritratto-1568Nelle opere scritte da Boccaccio durante il suo giovanile soggiorno napoletano si proiettano i vari e disordinati interessi dell’autodidatta e al tempo stesso una materia schiettamente autobiografica. L’avida curiosità intellettuale spinge l’autore a riprendere sia i testi classici sia la più recente tradizione medievale, quella letteratura cavalleresca e cortese che esercitava tanto fascino sull’aristocratica società napoletana, senza trascurare le ingenue narrazioni popolaresche, i cantari. Ma è significativo nello scrittore il proposito di innalzare questa materia romanzesca, conferendole la dignità formale della letteratura antica.

LA CACCIA DI DIANA E IL FILOSTRATO
La prima opera è la Caccia di Diana, un poemetto in terzine anteriore al 1334. Le ninfe seguaci di Diana, casta dea della caccia (dietro alle quali è facile identificare le belle dame napoletane), si ribellano alla dea ed offrono le loro prede a Venere, che trasforma gli animali in bellissimi uomini; tra questi vi è anche l’autore che, grazie alla gentilezza dell’amata, diviene uomo pieno di virtù. Alla base del poemetto vi è dunque il basilare principio cortese secondo cui l’amore è fonte di ingentilimento e di elevazione.
booksLa prima opera d’impegno è costituita dal Filostrato (1335-38; ma la datazione e l’ordine di composizione di queste opere giovanili sono quanto mai incerti e controversi). Si tratta di un poemetto scritto in ottave, il metro tipico dei cantari popolari (sono strofe di otto endecasillabi, con rime ABABABCC). Ricava il suo argomento dalla narrativa medievale in lingua d’oïl, e più esattamente da un romanzo del ciclo “classico”, il Roman de Troie (Romanzo di Troia) di Benoît de Sainte-Maure. Come è proprio di tale ciclo, presenta le vicende di personaggi del mito omerico con vesti e psicologie feudali e cavalleresche. Il titolo, in un’approssimativa etimologia greca, vorrebbe appunto significare “vinto d’amore”, ed è il nome che l’autore stesso assume nel dedicare l’opera alla donna amata. È evidente come Boccaccio vi voglia proiettare, trasfigurandola romanzescamente, l’esperienza autobiografica dei suoi amori napoletani. La narrazione, lineare, piacevole ed elegante, doveva rispondere appieno ai gusti cortesi e sentimentali del pubblico a cui era indirizzata.

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IL FILOCOLO
Diverso è il carattere del Filocolo, risalente forse al 1336. Iltitolo, dall’etimologia greca sempre molto approssimativa, vorrebbe, significare “pena” o “fatica d’amore”. Si tratta ancora di un’opera narrativa, ma in prosa. Riprende una vicenda anch’essa cara al romanzo medievale francese, la storia delle peripezie dì due giovani amanti già narrata in un poemetto in lingua d’oïl che aveva goduto di grande successo e diffusione ed era stato ripreso da uno dei primi cantari toscani, il Cantare di Florio e Biancifiore. Ma il nucleo narrativo originale, molto semplice, è complicato dalla sovrapposizione degli schemi del romanza greco-alessandrino, che presenta intricate peripezie, separazioni, avventure degli amanti, pericoli, equivoci, sorprese e colpi di scena, agnizioni risolutive (cioè riconoscimenti della vera identità dei personaggi); tale schema romanzesco aveva avuto larga fortuna nel Medio Evo.
Come lo scrittore afferma nell’introduzione all’opera, era sua intenzione dar forma letterariamente degna ai «fabulosi parlari degli ignoranti», cioè ai rozzi cantari che avevano tramandato questa materia. Sicché egli sovraccarica la trama narrativa di tutta la sua erudizione, infittendola di descrizioni, divagazioni mitologiche, storiche, geografiche, letterarie, di lunghissimi monologhi sentimentali; inoltre adopera una prosa complessa ed elaboratissima, secondo i dettami della retorica medievale. Nonostante questo peso erudito e retorico, il lungo romanzo rivela doti di penetrazione e finezza psicologica nell’analisi del sentimento amoroso, ma soprattutto raccoglie già una vastissima materia narrativa, una varietà sbalorditiva di caratteri, casi umani, ambienti, rivelando quell’apertura verso la realtà in tutte le sue forme, quel piacere del raccontare che saranno poi caratteristici del Decameron.

Nuremberg_Chronicle_f_232r_3IL TESEIDA
L’opera successiva è il Teseida delle nozze d’Emilia, scritto tra il ’39 e il ’40 e forse rivisto più tardi a Firenze. E’ un poema in ottave ed è così intitolato perché narra le guerre del mitico re Teseo contro le Amazzoni e contro Tebe (materia ricavata dai romanzi cavallereschi del ciclo tebano, come il Roman de Thèbes). È quindi nuovamente una materia medievale di armi e di amori ad essere assunta da Boccaccio, ma le ambizioni culturali sono ancora più alte che nel Filocolo: il poeta si propone di dare per primo alla letteratura italiana un poema epico all’altezza dell’Eneide virgiliana. Al centro della vicenda sono le vicende di Arcita e Palemone, legati da profonda amicizia, che si innamorano ambedue di Emilia, regina delle Amazzoni e cognata di Teseo. La vivezza della vicenda amorosa spicca, come di consueto; ma la narrazione è appesantita e resa arida dalle preoccupazioni retoriche ed erudite. Interessante è anche il vagheggiamento di prove di magnanimità, splendore, cortesia, rivelatore di un gusto che sarà sempre una componente centrale dell’arte di Boccaccio, soprattutto nel Decameron.

Pubblicato da bmliterature

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