Il Naturalismo e il Verismo

Honoré Daumier, La lavandaia, 1860

Nella seconda metà dell’Ottocento, l’Europa conosce una straordinaria crescita economica, tecnologica e scientifica. Pensiamo, per esempio, alla diffusione delle ferrovie o a scoperte come quelle dell’aspirina, dell’anestesia chirurgica, degli insetticidi: tutte cose che noi oggi diamo per scontate ma che quando furono inventate, determinarono una vera e propria rivoluzione nella vita delle persone.
La parola progresso entra ora nell’uso comune, perché descrive cambiamenti che stanno sotto gli occhi di tutti. Il mondo sembra lanciato verso un progresso che, appunto in quanto tale, porterà con sé anche benessere e giustizia. La realtà, però, si rivelerà presto meno rosea delle aspettative; il progresso, nella maggior parte dei casi, favorisce una minoranza di persone, condannandone molte altre a una vita di miseria e sfruttamento.
Non a caso, numerosi autori di questo periodo, scelgono una scrittura di tipo realista, per parlare delle trasformazioni prodotte dalla modernità, e spesso per mostrarne le ingiustizie.
Il movimento letterario detto Naturalismo, caratterizzato da un realismo quasi “fotografico”, nasce in Francia, uno dei Paesi più coinvolti dal progresso, a differenza dell’Italia, ancora arretrata e segnata da un forte divario fra il Nord (più moderno e industrializzato) e il Sud (rurale e legato al passato).

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L’esponente più importante del Naturalismo, quello che esprime in modo più chiaro i principi del movimento, è Emile Zola, attivo fra gli anni Sessanta e la fine dell’Ottocento. I naturalisti francesi riconoscono come propri maestri sia Honoré Balzac, sia Gustave Flaubert.
Nel diffondersi al di fuori dell’ambito francese, il Naturalismo assume via via aspetti leggermente diversi: in Italia, il movimento che vi si ispira prende il nome di Verismo ed è animato da scrittori che hanno forti legami con la propria regione. Così, la Sicilia è descritta nelle opere di Giovanni Verga; Napoli in quelle di Salvatore Di Giacomo; la Sardegna nei romanzi di Grazia Deledda
Il principio basilare degli scrittori naturalisti è la cosiddetta “impersonalità“: lo scrittore deve rappresentare la realtà in modo il più possibile oggettivo, senza esprimere giudizi, né imporre al lettore il proprio punto di vista. Per raggiungere questo scopo, ogni autore ricorre, naturalmente, a tecniche diverse.
Il Naturalismo si sviluppa in un periodo in cui predomina una mentalità di tipo scientifico e in cui si crede fermamente che la scienza sia capace di stabilire conoscenze certe e oggettive. La letteratura, secondo i naturalisti, deve affiancare la scienza nell’analisi della realtà: lo scrittore deve farsi “scienziato”.
Con queste premesse, gli scrittori naturalisti e veristi si propongono di affrontare tutti gli aspetti della realtà contemporanea, sia le forme della vita sociale, sia l’analisi psicologica dei personaggi. A questo scopo molti autori, come Zola e Verga, elaborano ampi cicli romanzeschi, prendendo in considerazione le varie classi sociali.

Pubblicato da bmliterature

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