Italo Svevo – La coscienza di Zeno

IL NUOVO IMPIANTO NARRATIVO
Il terzo romanzo di svevo è la coscienza di Zeno. Esso appare venticinque anni dopo Senilità, nel 1923. La trama è simile agli altri due romanzi, ma è strutturata in modo diversa rispetto agli altri.
I venticinque anni di pausa letteraria erano stati cruciali nell’evoluzione interiore dello scrittore e densi di trasformazioni radicali nell’assetto della società europea. Infatti durante quegli anni si era svolta la Prima guerra mondiale e, sul piano culturale, si era assistito all’esplodere di avanguardie letterarie e artistiche, l’affacciarsi della psicoanalisi e delle teoria della relatività.
Svevo abbandona il modulo romanzesco naturalistico dell’ottocento e adotta nuove soluzioni. Per gran parte la Coscienza è costituita da un memoriale (o confessione) autobiografica, che il protagonista Zeno Cosini scrive su consiglio del suo psicoanalista, il dottor S., a scopo terapeutico per guarirlo dalla sua nevrosi. Svevo finge che il manoscritto di Zeno venga pubblicato dal dottor S. stesso, per vendicarsi del paziente, che si è sottratto alla cura frodando al medico il frutto dell’analisi. Al testo del memoriale si aggiunge infine una sorta di diario di Zeno, in cui egli spiega il suo abbandono della terapia e si dichiara sicuro della propria guarigione in coincidenza con il successo economico ottenuto durante la guerra a seguito di speculazioni. Il romanzo è dunque narrato dal protagonista stesso ed ha un impianto autodiegetico.

IL TRATTAMENTO DEL TEMPO
Nuovo e originale, nella struttura, è anche il particolare trattamento del tempo, che Svevo chiama “tempo misto”. Il racconto, infatti, nonostante l’impostazione autobiografica, non presenta gli eventi nella loro successione cronologica lineare in un tempo oggettivo, ma in un tempo soggettivo in cui il passato riaffiora continuamente e si intreccia con il presente.
DI qui la struttura particolare del romanzo, che si spezza in tanti momenti distinti. La ricostruzione del proprio passato si raggruppa intorno ad alcuni temi centrali, a ciascuno dei quali è dedicato un capitolo. La narrazione va continuamente avanti e indietro nel tempo, seguendo la memoria del protagonista, che si sforza di ricostruire il proprio passato. Gli argomenti dei vari capitoli sono: il vizio del fumo, la morte del padre, la storia del proprio matrimonio, il rapporto con la moglie e la giovane amante, la storia dell’associazione commerciale con il cognato Guido Speier. Alla fine si colloca il capitolo Psico-analisi, in cui Zeno sfoga il proprio rancore contro lo psicoanalista e racconta la propria presunta guarigione.

LE VICENDE
Il protagonista è un inetto che Svevo stesso definisce un “fratello” di Emilio e Alfonso, anche se non appartiene più alla piccola borghesia, ma alla ricca borghesia commerciale. Zeno è un borghese svogliato che negli ultimi anni giovanili conduce una vita oziosa e scioperata, passando da una facoltà universitaria all’altra, senza però ottenere nessuna laurea.
Il padre, facoltoso commerciante, disprezza il figlio per la sua immaturità e nel testamento lo consegna in tutela all’amministratore Olivi.
fumoI rapporti con il padre sono improntati su una ambivalenze: pur amandolo, Zeno, con la sua inconcludenza negli studi, non fa che procurargli delusioni, rivelando così inconsci impulsi aggressivi. L’ostilità contro il padre è anche causa del vizio del fumo, nel desiderio di sottrargli le sue prerogative virili e di farle proprie (Zeno inizia a fumare rubando un sigaro del padre). Quando il padre muore, lascia uno schiaffo sul viso del figlio che resta nel dubbio se il gesto sia dovuto all’incoscienza dell’agonia o fosse una vera e propria intenzione punitiva, e cerca quindi disperatamente di costruirsi alibi per pacificare la propria coscienza, per dimostrare a se stesso di essere privo di ogni colpa nei confronti del padre e della sua morte che, in realtà, nel proprio inconscio, fortemente desiderava.
Privato della figura paterna, l’inetto Zeno va subito in cerca di una figura sostitutiva e la trova in Giovanni Malfenti, uomo d’affari che rappresenta la tipica immagine del borghese abile e sicuro, dalle poche ma incrollabili certezze. Malfenti rappresenta perciò nel sistema dei personaggi l’Antagonista. Zeno decide di sposare una delle sue figlie, solo per “adottarlo” come padre. Si innamora della più bella, Ada, ma con il suo comportamento sembra di far tutto per non farla innamorare. Allora cerca di sposarsi la sorella minore Alberta, e, al rifiuto di questa, decide di far la proposta alla sorella più brutta, Augusta. In realtà, fin dall’inizio, Zeno aveva scelto inconsciamente lei, donna di cui egli ha bisogno: sollecita e amorevole come una madre.
Augusta ha un limitato ma solido sistema di certezze che ne fanno un perfetto esempio di “sanità borghese”. E’ il contrario di Zeno: malato di nevrosi. Egli proietta nella malattia la propria inettitudine, ed attribuisce la colpa al fumo. La sua esistenza è perciò caratterizzata da tentativi di liberarsi dal vizio, nella convinzione che sono così possa rendersi in salute sia fisica che morale e sociale.
Accanto alla moglie Zeno affianca la giovane amante Carla, una ragazza povera che egli finge di proteggere in modo “paterno”. Il rapporto, però, è reso difficile dai sensi di colpa verso la moglie, finché Carla non lo abbandona per un uomo più giovane.
Zeno aspira ad entrare nella normalità borghese non solo divenendo buon padre di famiglia, ma anche accorto uomo di affari. Fonda un’associazione commerciale con il cognato Guido, bell’uomo sicuro di sé (antitesi di Zeno) ed incarna perciò il ruolo del Rivale. Come per il padre, anche verso di lui nutre fortissime ambivalenze. L’amicizia e l’affetto fraterno mascherano un odio profondo, che si tradisce clamorosamente ai funerali di Guido, suicidato a causa di un dissesto finanziario, in cui Zeno sbaglia corteo funebre (per effetto dell’inconscio).
Zeno, ormai vecchi, decide di curarsi con la psicoanalisi e qui inizia a scrivere il memoriale. Tuttavia si ribella alla diagnosi dello psicoanalista, che individua in lui il classico complesso di Edipo (l’incapacità di staccarsi dai genitori).
Lo scoppio della guerra favorisce alcune sue speculazioni commerciali, che trasformano paradossalmente l’inetto Zeno in un abile uomo d’affari. Zeno così si autoproclama guarito, anche se non è vero. Ma Zeno ha buon gioco, nelle pagine finali, a sottolineare il confine incerto tra malattia e salute nelle condizioni attuali, in cui la vita è inquinata alle radici.

L’INATTENDIBILITA’ DI ZENO NARRATORE
Il narratore della Coscienza è un narratore inattendibile di cui non ci si può fidare. Lo sottolinea anche la prefazione del dottor S., che insiste sulle “tante verità e bugie” accumulate nel memoriale. L’autobiografia in essa contenuta è tutta un gigantesco tentativo di autogiustificazione di Zeno, che vuole dimostrarsi innocente da ogni colpa nei confronti del padre, della moglie, dell’amante e di Guido. In realtà traspaiono ad ogni pagina i suoi reali impulsi ostili ed aggressivi. Questi sono autoinganni determinati da processi profondi ed inconsapevoli del subconscio. L’agire di Zeno è sempre manifestamente il prodotto di impulsi inconsci.
Inoltre per tutto il romanzo ogni gesto, ogni affermazione di Zeno rivela in trasparenza un groviglio complesso di motivazioni ambigue, sempre diverse o addirittura opposte rispetto a quelle dichiarate consapevolmente. La realtà oggettiva dei fatti, che s’intravede dietro le mistificazioni dello Zeno narratore e personaggio, si incarica spesso di farci dubitare delle motivazioni da lui adottate; per cui Zeno appare avvolto da un alone di ironia oggettiva” al pari del protagonista di Senilità.

LA FUNZIONE CRITICA DI ZENO
Se osserviamo questo primo aspetto, La coscienza di Zeno non è soltanto un’operazione di smascheramento dei suoi autoinganni, come era Senilità. In realtà non vi è solo l’ironia oggettiva che pesa su Zeno. Il romanzo è anche percorso dal distacco ironico con cui Zeno guarda la società che lo circonda. Quindi Zeno non è solo oggetto, ma anche soggetto di critica. La “diversità” di Zeno e la sua nevrosi agiscono da strumento straniante nei confronti dei cosiddetti “sani” e “normali”. Zeno è simbolo della “malattia” ed invidia la “salute” in cui vivono gli altri personaggi. Tuttavia la sua malattia fa emergere la falsa salute degli altri personaggi che non sono disposti al cambiamento e sperimentare nuove cose, mentre lui è disponibile alle trasformazioni.
In Zeno non vi è un atteggiamento critico verso il mondo che lo circonda. In lui vi è un disperato bisogno di essere sano, ma la nevrosi domina in lui.
Il modo in cui invidia la sanità della società, alla fine, corrode quelle certezze e trasforma la salute ipotetica in malattia. La visione dell’inetto mette in crisi, sconvolge le nozioni ordinate di salute e malattia, di forza e debolezza. La forza è una caratteristica esteriore di Cosini padre, di Malfenti, di Augusta, di Guido Speier, la debolezza appartiene a Zeno. Ma lo sguardo di Zeno distrugge le gerarchie e fa diventare tutto incerto ed ambiguo convertendo la salute in malattia.

Pubblicato da bmliterature

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Una risposta a “Italo Svevo – La coscienza di Zeno”

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