La lirica provenzale

TrobadorsNel corso del XII secolo l’ideale cortese fu elaborato soprattutto nelle corti del Sud della Francia, la Provenza, dove si era sviluppata una società aristocratica estremamente elegante e raffinata che dava grande importanza anche alla letteratura. Qui la concezione cortese dell’amore trovò espressione nella poesia lirica in lingua d’oc. Era una poesia che veniva cantata in pubblico, con accompagnamento di musica. I poeti, che componevano sia i testi poetici sia la musica, erano detti trovatori (trobadors) dal verbo trobar, che significa appunto “comporre musica”. Talora erano gli stessi trovatori ad eseguire dinnanzi al pubblico le loro composizioni, talora invece l’esecuzione era demandata a cantori professionisti, i giullari, anch’essi non privi di cultura. Nel secolo XIII poi la trasmissione fu affidata anche alla scrittura ed alla lettura. Della produzione provenzale ci restano 2542 componimenti e conosciamo i nomi di ben 460 trovatori. Ciò testimonia che ormai l’autore aveva piena coscienza di sé, tanto da sentire il bisogno di tramandare il proprio nome insieme alla composizione. Il primo dei trovatori, secondo la tradizione, fu Guglielmo IX d’Aquitania (1071-1126), un grande signore feudale amante della guerra e dei piaceri. Egli ci ha lasciato una decina di testi, tra i quali anche canzoni d’amore secondo il codice cortese. Altri poeti successivi appartengono a varie condizioni sociali. L’ambiente in cui si esercita l’attività dei trovatori, ed in cui si trova il loro pubblico, è la corte feudale.
Tra i poeti più noti segnaliamo: Bertran de Born, ricordato in particolare per i sui versi guerreschi; Jaufré Rudel, che canta le enigmatiche suggestioni dell'”amore lontano”, Bernart de Ventadorn, considerato da molti il maggiore esponente della poesia sentimentale e amorosa, nella sua forma più scorrevole e musicale; Arnaut Daniel, poeta d’amore in forme sottili e preziose, particolarmente ricercate ed elaborate.

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Il tema centrale della poesia trobadorica è l’amore, trattato secondo i canoni cortesi. Il poeta, seguendo un rituale codificato ed un sistema di topoi (luoghi comuni) letterari, esprime la sua adorazione e il suo omaggio alla donna, di cui si proclama umile servitore, senza pretendere nulla in cambio, manifesta il suo desiderio, spesso fortemente sensuale, ma anche il tormento di non poter ottenere il suo fine, perché la fedeltà della donna al marito è incrollabile. Indipendentemente dal senso di insoddisfazione e di sofferenza, dall’amore deriva egualmente un senso di felicità e di pienezza, la gioia, tema ricorrente nei trovatori, che si colloca generalmente sullo sfondo del rinascere rigoglioso della natura a primavera. L’amore è proclamato fonte di ogni bontà, bellezza, gentilezza d’animo. Poiché si tratta di un amore adultero, vi è però sempre il timore che i “malparlieri” possano diffondere maligne indiscrezioni, attentando all’onore e alla rispettabilità della donna. Per questo il suo nome nella poesia non viene mai citato ed essa viene indicata attraverso un soprannome fittizio (senhal). La tematica amorosa non è però esclusiva della lirica provenzale: i trovatori trattano anche temi politici, guerreschi, morali, satirici. Bertran de Born, ad esempio, canta la guerra, Guiraut de Bornelh temi morali. La poesia trobadorica è estremamente elaborata dal punto di vista formale, nel linguaggio, squisitamente letterario e raffinato, nella metrica, negli artifici retorici. Il genere per eccellenza è la grande canzone d’amore, dal complesso sistema metrico. Ancora più elaborata è la sestina, ripresa poi da Dante e Petrarca.
Altri generi di componimento sono:

  • il sirventese (sirventes), lunga canzone di argomento morale, politico o polemico, collegata ad un fatto esterno o contemporaneo;
  • il compianto (planh), che è un sirventese dedicato a piangere un personaggio famoso;
  • la tenzone (joc partit), una discussione tra più poeti, in genere su argomento amoroso;
  • la pastorella (pastorelle), in cui un cavaliere cerca di sedurre una contadina, che resiste alla seduzione;
  • l’alba (aube), un lamento dell’amante o della donna, addolorati perché l’arrivo dell’alba li separa;
  • il piacere (plazer), che è un’enumerazione di cose piacevoli;
  • la noia (enueg), il contrario del plazer che è un elenco di cose sgradevoli.

All’interno della produzione trobadorica si delineano anche diverse tendenze di stile: il trobar clus (poetare chiuso), che consiste in uno stile elaboratissimo, artificioso e oscuro, il cui maggiore rappresentate è Arnaut Daniel, ed il trobar leu (poetare dolce, piano), di cui l’esponente principale è Bernart de Ventadorn, che è più limpido ed aggraziato.

All’inizio del XIII secolo il papa Innocenzo III, con l’appoggio del re di Francia, sotto il pretesto di una crociata contro la setta degli albigesi o catari, diffusa in Provenza, scatenò una terribile guerra che distrusse totalmente la potenza dei signori provenzali e di conseguenza anche la cultura sviluppatesi nelle loro corti. L’eredità di questa cultura sopravvisse in alcune corti del Nord della Francia, grazie a Maria di Champagne, di origine provenzale, che favorì lo sviluppo del romanzo cavalleresco. In queste corti settentrionali si sviluppò anche una poesia in lingua d’oïl, grazie ai trovieri (trouvaires). I trovatori stessi si dispersero nei paesi confinanti, come la Spagna e l’Italia. I trovatori si spinsero, oltre che nell’Italia Settentrionale, anche al Sud, alla corte di Federico II, dove si sviluppò la scuola siciliana.

Pubblicato da bmliterature

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