L’antico regime: il potere e la società

L’Antico regime, il sistema politico e sociale del Sei-Settecento

I tre stati: un contadino porta sulle spalle un ecclesiastico e un nobile, fine secolo XVIII.
I tre stati: un contadino porta sulle spalle un ecclesiastico e un nobile, fine secolo XVIII.

“Antico regime” (Ancien régime) fu l’espressione con cui  i rivoluzionari francesi del 1789 definirono la società in cui essi vivevano e che si proponevano di rinnovare. Questa origine caratterizza la definizione di Antico regime in senso molto negativo.
L’espressione “Antico regime” è utilizzata dagli storici per indicare il sistema politico e sociale caratteristico della civiltà europea tra Sei e Settecento.
Nella società di Antico regime, i ruoli e le posizioni sociali erano definite non tanto dalla ricchezza, quanto, più ancora, dal prestigio e dai diritti che venivano riconosciuti ai diversi gruppi sociali. In questo senso si dice che la società di Antico regime era una società non di classi (com’è la nostra attuale), ma di ordini. “Classe” è un concetto economico, mentre “ordine” è un concetto di tipo giuridico. Chi, per esempio, nel Settecento apparteneva all’ordine dei nobili, godeva di particolari privilegi ereditari, a prescindere dalle ricchezze che possedeva: infatti non pagava certe imposte, veniva giudicato da tribunali composti da suoi pari, poteva accedere alle più alte cariche pubbliche o militari.
Tale struttura per ordini riguardava non solo la società, ma anche la politica. Infatti ciascun ordine, o “stato”, dava vita a specifiche istituzioni (assemblee e deputati) che rappresentavano i suoi interessi presso il monarca. Quest’ultimo era un punto di riferimento per l’organizzazione dell’Antico regime.
Il modello fondamentale dell’Antico regime era stato perfezionato soprattutto in Francia: la patria dell’assolutismo europeo era anche patria dell’Antico regime. In Francia esistevano tre ordini (stati): il clero, la nobiltà e il “Terzo stato”, che raggruppava i borghesi e i contadini.
L’esistenza di questi tre ordini riprende la tradizione medievale della società tripartita, cioè divisa in base alle tre principali funzioni: pregare (il clero o oratores), combattere (i guerrieri o bellatores), lavorare (i contadini o laboratores).
Proprio come nel Medioevo, anche nell’Antico regime sei-settecentesco il prestigio e il privilegio si concentravano nei primi due ordini: nobiltà e clero. Il “privilegio” (che significa “legislazione privata o particolare”), però, caratterizzava non solo clero e nobiltà, ma un po’ tutta la società di Antico regime: infatti in quel mondo città, regioni e categorie professionali potevano godere di regole specifiche (privilegi) con le quali esse si rapportavano allo stato, come l’esenzione da particolari imposte.
L’esistenza diffusa di questo sistema di privilegi costituisce l’esatto contrario del principio dell’uguaglianza giuridica, cioè dell’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, che poi sarà una delle grandi conquiste della Rivoluzione francese e dell’età contemporanea.
Siccome la società di Antico regime era strutturata per ordini, essa era molto più statica, meno dinamica e flessibile rispetto alla nostra. Per noi oggi è possibile modificare la posizione sociale, cambiare lavoro, diventare più ricchi ecc. Nell’antico regime le cose stavano diversamente: la società non conosceva la mobilità sociale o la conosceva in misura ridottissima.

Il potere del monarca e i suoi limiti

Il Parlamento inglese durante una seduta, XVIII secolo.
Il Parlamento inglese durante una seduta, XVIII secolo.

Il modello dell’Antico regime ha come figura importante il monarca. La forma politica tipica dell’Antico regime era infatti l’assolutismo monarchico, caratterizzato dall’accentramento del potere nelle mani del re.
Esistevano alcune importanti eccezioni a questo principio monarchico: l’Olanda, che era una Federazione repubblicana; Ginevra, Genova e Venezia, che erano repubbliche governate da una ristretta aristocrazia urbana. L’eccezione principale era rappresentata dalla Gran Bretagna: qui l’assolutismo degli Stuart era stato sconfitto dalle due rivoluzioni; alla fine sul trono di Londra erano saliti sovrani disposti a limitare il proprio potere, in quanto soggetti al controllo del Parlamento.
Nell’Europa dell’Antico regime la monarchia era il sistema politico quasi universalmente accettato. Il sovrano era considerato una figura sacra, in quanto si pensava che il suo potere fosse legittimato da Dio. Perciò si trattava di un potere assoluto, cioè superiore a ogni legge.
Tuttavia nell’Europa del Sei-Settecento la realtà poneva limiti anche forti all’assolutismo monarchico. Il re, infatti, era vincolato da alcune regole: per esempio, non poteva derogare dalle regole della successione, non poteva cedere o vendere parti del patrimonio statale, e neppure confiscare le proprietà (salvo eccezioni) dei suoi sudditi.
Il limite maggiore all’autorità del monarca era rappresentato però dalla variegata realtà giuridica della società di Antico regime. Nei loro regni esistevano molteplici organi rappresentativi: “Stati” generali e provinciali, a cui partecipavano i rappresentati dei vari ordini; Diete (assemblee di nobili) e rappresentanze cittadine. Tutte queste realtà difendevano con decisione i propri privilegi.

I ceti privilegiati: la nobiltà e l’alto clero

La ricchezza dei banchetti nobiliari: colazione di ostriche, J.F. de Troy, XVIII secolo
La ricchezza dei banchetti nobiliari: colazione di ostriche, J.F. de Troy, XVIII secolo

In tutta l’Europa dell’Antico regime i nobili costituivano un gruppo privilegiato, in ogni senso.
In primo luogo, in un’economia in cui l’agricoltura rimaneva l’attività principale, erano i maggiori proprietari di terre.
In secondo luogo, l’appartenenza a un’antica casata aristocratica garantiva loro diritti maggiori rispetto agli altri ceti: pagavano meno imposte (in certi paesi non ne pagavano affatto); in caso di accusa, venivano giudicati solo dai loro tribunali; ricoprivano i posti di comando militare, i ruoli diplomatici e di governo più prestigiosi.
Infine, nelle loro proprietà terriere, i feudi, i nobili usufruivano di antichi diritti risalenti all’età medievale: giudicavano i contadini, li punivano e imponevano loro prestazioni di lavoro, obblighi e multe in denaro.
I nobili esercitavano anche privilegi più piccoli come portare la spada ed avere posti speciali riservati nelle cerimonie pubbliche.
Da paese a paese, i privilegi nobiliari variavano: non avevano limiti in Ungheria e Polonia, dove i nobili erano i veri padroni dello stato; risultavano più ridotti in Inghilterra e nei Paesi Bassi.
All’interno di ogni stato esisteva poi una notevole distanza tra un gruppo ristretto di grandi nobili (i più ricchi e potenti) e una quantità di piccoli nobili, dal limitato prestigio e dalle scarse possibilità economiche. Tuttavia, nessun nobile lavorava, sia i ricchi che i poveri: non lo consentivano le antiche regole del rango nobiliare.
Molto privilegiato era anche il ceto clericale, al cui interno esistevano forti differenze: gli alti gradi della gerarchia (vescovi) avevano onori e ricchezze analoghi a quelli spettanti ai nobili più prestigiosi; invece il clero di campagna, o basso clero, condivideva le condizioni di vita dei contadini benestanti.

Il popolo dell’Antico regime

All’altro capo della scala sociale c’erano i contadini. Anche la loro condizione cambiava a seconda di dove vivevano.
Nelle aree economicamente meno sviluppate (come l’Italia meridionale e l’Europa orientale) il contadino dipendeva ancora dal signore: nei paesi dell’Est europeo il contadino era ancora servo della gleba, era cioè proprietà del nobile, assieme alla terra che lavorava e che non poteva abbandonare. Il contadino doveva fornire lavoro gratuito e svolgere il mestiere che il padrone decideva per lui.
Nell’Europa centrale, in Francia e nell’Italia settentrionale le condizioni dei contadini erano senz’altro migliori: qui i nobili avevano mantenuto solo alcuni degli antichi diritti feudali, ovvero quello di riscuotere tributi dai contadini, di obbligarli ad usare strumenti di loro proprietà e di amministrale la giustizia in cause di poco conto. La situazione più favorevole si verificava in Inghilterra, dove i nobili non esercitavano alcun particolare diritto sui contadini.
Ovunque, per i poveri delle campagne, la città risultava una grande attrazione. Soprattutto nelle capitali e nei centri legati ai commerci e alla manifattura, si addensava un popolo multiforme, dedito ai più vari mestieri. Quasi tutti vivevano in condizioni di assoluta precarietà con salari bassissimi, nessuna stabilità nell’occupazione e abitazioni malsane.

La borghesia: un ceto molto variegato

Ritratto del banchiere Giovan Antonio Parravicino. Antonio Lucini, 1710-15; Milano, Ospedale Maggiore.
Ritratto del banchiere Giovan Antonio Parravicino.

In posizione intermedia tra i nobili e i contadini si collocava la borghesia, prevalentemente insediata nelle città.
Essa era più forte e numerosa nelle aree più sviluppate, come l’Inghilterra, i Paesi Bassi, certe regioni della Francia e dell’Italia settentrionale, dove esisteva una borghesia industriosa. Nell’Europa orientale, invece, il ceto borghese era quasi del tutto assente, poiché vi erano solo pochi nobili, proprietari terrieri, e tantissimi contadini e servi.
Al suo interno, la borghesia era un gruppo sociale assai variegato. Comprendeva finanzieri, banchieri e mercanti, ma anche gli uomini delle professioni (avvocati, medici, notai) e i proprietari di laboratori artigiani. Anche i funzionari facevano parte del ceto borghese. Numerosi erano anche i borghesi titolari di terre, che avevano acquistato dai nobili decaduti.
I borghesi più ricchi erano spesso inseriti negli organi di governo delle città. Nei paesi più avanzati il loro peso politico era notevole, come in Olanda e in Gran Bretagna.
Man mano che passavano i decenni la tradizionale divisione in “ordini” non corrispondeva più alla realtà. Cominciava ad imporsi una divisione differente non più basata sulla nascita, ma sulla ricchezza.

La borghesia è priva di potere politico

 I borghesi rimanevano invece esclusi dal cuore della vita politica, che apparteneva al sovrano e al ristretto gruppo dei suoi consiglieri, tutti nobili. Questa era una contraddizione avvertita ovunque: il ceto sociale più ricco, su cui si reggevano le finanze degli stati, non aveva posto nelle decisioni politiche più importanti, quelle che riguardavano le paci e le guerre, la politica fiscale generale, la libertà dei commerci ecc.
Un po’ ovunque la borghesia settecentesca aspirava a entrare nei ranghi della nobiltà, adottando i modi di vita dei nobili e acquistando cariche e titoli signorili.
I nobili si chiudevano a riccio, gelosi dei loro privilegi, e i borghesi erano sempre più insofferenti per questi privilegi e per il predominio nobiliare, fondato sulla nascita ed ereditario.

Pubblicato da bmliterature

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