Le Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi di Gabriele D’Annunzio

IL PROGETTO
DAnnunzio-Laudi-del-cielo-del-mare-della-terra-e-degli-eroi-1903-1904-2-voll-351525830229L’esordio dell’ideologia superomistica coincide con la progettazione di ambiziose costruzioni letterarie che hanno il compito di diffondere il verbo del “vate”. Così d’Annunzio ha progettato cicli di romanzi (della “rosa”, del “giglio” e del “melograno”) che però non ha portato al termine. Nel campo della lirica progetta di scrivere sette libri di Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi.
Nel 1903 erano terminati e pubblicati i primi tre, Maia, Elettra, Alcyone. I titoli derivano dai nomi delle stelle delle Pleiadi). Ma anche questa costruzione rimane incompiuta. Un quarto libro, Merope, raccoglie le Canzoni delle gesta d’oltremare, dedicate all’impresa coloniale in Libia. Postumo fu poi aggiunto un quinto libro, Asterope, che comprende poesie ispirate alla Prima guerra mondiale. Gli ultimi due libri non vennero mai scritti.

MAIA
E’ il primo libro delle Laudi. E’ un lungo poema unitario di oltre ottomila versi scritto con il verso libero e senza seguire gli schemi della metrica tradizionale. Il fluire del verso risponde al carattere intrinseco del poema, che si presenta come carme di tipo profetico e vitalistico (infatti il sottotitolo è Laus vitae, Lode della vita). L’intento di d’Annunzio è quello del poema totale, che dia voce alla sua ambizione panica a raccogliere tutte le infinite e diverse forme della vita e del mondo. Ne deriva un discorso poetico tenuto su tonalità enfatiche e declamatorie, gonfie e ripetitive.
Il poema è la trasfigurazione mitica di un viaggio compiuto da d’Annunzio in Grecia nel 1895. L’io del protagonista si presenta proteso verso tutte le più multiformi esperienze, pronto a spezzare ogni limite e divieto pur di raggiungere le sue mete. Il viaggio nell’Ellade è l’immersione in un passato mitico alla ricerca di un vivere sublime all’insegna della forza e della bellezza. Dopo ciò, il protagonista si immerge nella realtà moderna delle metropoli industriali orrende ma ricche di potenzialità vitali. Il mito classico ha il compito di trasformare il presente e riscattarlo dal suo squallore. Per questo l’orrore della civiltà industriale si trasforma in nuova forza e bellezza, equivalente a quella dell’Ellade.
Il poeta arriva così ad inneggiare gli aspetti della modernità come il capitale, l’industria e le macchine perché racchiudono in sé possenti energie che possono essere indirizzate a fini eroici ed imperiali.

UNA SVOLTA RADICALE
Dopo la fuga estetizzante nella bellezza del passato, d’Annunzio aveva affidato all’intellettuale-superuomo il compito di intervenire attivamente nella realtà, aprendo la strada ad una nuova élite aristocratica, facendo rivivere l’eroismo del passato e cancellando così un presente infame. La contrapposizione alla realtà moderna era ancora violenta e radicale.
Adesso, con Maia, non si pone più in contrasto con la società borghese, ma scopre una segreta bellezza nel mondo moderno e si propone cantore della sua grandezza e “vate” dei suoi destini gloriosi. Dietro a questa celebrazione dell’epica eroica della modernità è facile intravedere la paura e l’orrore del letterario umanista dinanzi alla realtà industriale che tende ad emarginarlo o a farlo scomparire del tutto.
Paura e orrore sono traditi dal fatto che le realtà moderne, quali le macchine, possono entrare nell’ambito poetico solo se debitamente esorcizzate mediante la sovrapposizione  di qualcosa di noto e rassicurante per l’intellettuale come le immagini del mito e della storia classica.
L’originalità di d’Annunzio sta nel fatto che non si chiude a contemplare vittimisticamente la propria impotenza, ma reagisce costruendosi sterminati sogni di onnipotenza e di gloria. Anziché fuggire davanti a ciò che lo aggredisce (industria, macchina, capitale, la società), esorcizza la paura e l’orrore autoinvestendosi di un ruolo nuovo: cantare e celebrare, per non rassegnarsi alla scomparsa, quella realtà che lo minaccia. In tal modo l’esteta passa da atteggiamento di rifiuto antiborghese a posizione di cantore entusiasta della realtà moderna.
Il prezzo pagato da d’Annunzio è però alto: innanzitutto assume la figura pubblica del propagatore dei miti più oscurantisti e reazionari (il dominio della pura stirpe latina sul mondo, il bellicismo imperialista e colonialista, il disprezzo dei deboli); ma soprattutto, per restare sul piano letterario, il prezzo di questo impegno apologetico è nelle opere più direttamente investite dal compito di diffondere l’ideologia superomistica, un’arte gonfia, retorica, che oggi appare insopportabile e illeggibile.

ELETTRA
E’ il secondo libro delle Laudi. La sua struttura ideologia ricalca quella di Maia. Anche qui vi è un polo positivo, rappresentato da un passato e da un futuro di gloria e di bellezza, che si contrappongono ad un polo negativo, un presente da riscattare.
Una parte del volume è costituita dalla serie delle liriche sulle Città del silenzio. Sono le antiche città italiane, ora lasciate ai margini della vita moderna, che conservano il ricordo di un passato glorioso e di bellezza artistica. Quel passato su cui si dovrebbe modellare il futuro. Medio Evo e Rinascimento sono l’equivalente funzione dell’Ellade in Maia. Costante è anche la celebrazione della romanità in chiave eroica, che si fonde con quella del Risorgimento. Cantando questo passato glorioso, d’Annunzio si propone come “vatedi futuri destini imperiali, coloniali e guerreschi dell’Italia.

ALCYONE
E’ il terzo libro delle Laudi. Si differenzia da Elettra e Maia perché non è politico, polemico o profetico, ma tratta il tema lirico della fusione panica con la natura.
Il libro comprende 88 componimenti strutturati come un diario di una vacanza estiva. Le liriche, scritte in un arco di 4 anni, sono state successivamente ordinate seguendo le stagione, dalla pioggia primaverile al lento declino di settembre.
La stagione estiva è vista come la più propizia ad eccitare il godimento sensuale e a consentire la pienezza vitalistica: l’io del poeta si fonde con le varie presenze naturali, animali, vegetali ed attinge ad una concezione divina.
Sul piano formale vi è una ricerca di sottile musicalità con l’impiego di un linguaggio analogico che si fonda su un gioco di immagini che tra loro si rispondono. Per il suo orientamento idealistico è considerato poesia “pura”, libera dall’ideologia superomistica e dalle sue finalità pratiche rispondente al nucleo dell’ispirazione del poeta nel suo rapporto sensuale con la natura.
In realtà Alcyone si inserisce pienamente nel disegno ideologico complessivo delle Laudi in quanto l’esperienza panica non è che una manifestazione del superomismo. Solo al superuomo è concesso di “transumanare” e di integrarsi con la natura al di là di ogni limite umano. Solo la parola magica del poeta-superuomo può cogliere ed esprimere l’armonia segreta della natura.
Però, il peso dell’ideologia superomistica, pur presente, non arriva a guastare interamente il libro, che offre alcuni dei risultati più alti della poesia dannunziana, una poesia che ha esercitato un’influenza profonda sulla lirica del Novecento.
Alcyone di d’Annunzio, accanto alla poesia pascoliana, si pone così come capostipite della poesia italiana novecentesca, con un’analoga funzione di prefigurare soluzioni formali a venire.

Pubblicato da bmliterature

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