La lirica arcadica e l’arcadia

Le origini e le finalità dell’accademia d’Arcadia

Arcadi
Stemma dell’Accademia

La reazione agli eccessi del marinismo di fine Seicento, e la conseguente riforma poetica in direzione di un recupero classicistico, giunge dal gruppo di intellettuali e letterati riunitisi a Roma nel 1690 intorno all’Accademia d’Arcadia.
Tra i suoi fondatori compaiono i nomi di Giovan Mario Crescimbeni, Vincenzo Leonio, Gian Vincenzo Gravina e Giambattista Felice Zappi.
Il nome di questa istituzione rinvia al mondo fittizio della poesia pastorale, o “bucolica”, secondo la terminologia greca. Le finalità d’evasione attribuite all’attività poetica non potrebbero essere più chiare, né è tenuto nascosto il carattere ufficiale e filoclericale dell’organizzazione.
L’abitudine seicentesca al “travestimento” degli intellettuali riuniti nel mondo appartato delle accademie fa sì che ciascun “arcade” assuma il nome d’un pastore della letteratura bucolica greco-latina, il presidente divenga “custode”, la sala di riunione il “Bosco Parrasio”; protettore è il Bambin Gesù adorato dai pastori. Questi letterati sono accomunati da un programma ideologico minimo: la restaurazione del “buon gusto”, la messa al bando degli eccessi barocchi. La natura ideologica della proposta moralizzatrice suscitò vasti consensi e garantì l’adesione di tutti i più significativi poeti del tempo. A dieci anni dalla fondazione, l’Accademia si era irradiata in nove delle principali città del Centro Italia, in ciascuna delle quali sorse una “colonia” della sede romana.

Il condizionamento della Curia Romana e il progetto culturale unitario

Eakins,_Thomas_(1844_-_1916)_-_Arcadia_-_ca._1883Quando nel 1711 uno dei soci fondatori, il giurista Gian Vincenzo Gravina, acceso sostenitore di una poesia vigorosa, modellata sull’esempio di Omero e Dante, abbandona l’Arcadia, l’Accademia diviene strumento funzionale al raggiungimento dell’obiettivo perseguito dalla Curia romana: controllare le aspirazioni ad un radicale rinnovamento morale e politico che percorre il mondo dei letterati italiani.
Nonostante tutti i suoi limiti ideologici, l’Accademia si segnala nella storia della cultura del primo Settecento come un elemento positivo d’innovazione. Costituendo un’organizzazione di estensione nazionale, l’Arcadia attiva di fatto un circuito di scambio e di corrispondenza tra i letterati italiani, che resta aperto nel tempo al dibattito letterario. Molti poeti possono inoltre affrancarsi dall’ambiente vincolante della corte, poiché l’Accademia offre loro condizioni di lavoro simili a quelle usuali nel mondo scientifico-erudito.
La circolazione di opere mirate a creare uno standard poetico comune contribuisce di fatto alla formazione di un pubblico omogeneo.

Una poesia autoreferenziale e d’occasione

La produzione lirica dell’Arcadia fu quanto mai abbondante: questo anche perché i molti seguaci di cui si arricchì l’Accademia finirono per aderirvi soprattutto per il prestigio e la reputazione che essa garantiva. Infatti l’Accademia assicurava la regolare pubblicazione e la conseguente circolazione delle opere dei “soci”, ben più ampia rispetto alla diffusione editoriale che le corti potevano garantire. Questa miriade di verseggiatori produceva sostanzialmente una poesia scritta per occasioni specifiche: nozze, battesimi, cerimonie funebri, monacazioni.
Nell’insieme questa produzione testimonia la solidità di una civiltà letteraria radicata nella tradizione umanistico-rinascimentale e la diffusa padronanza dei mezzi tecnici. Il rovescio della medaglia consiste nel carattere stereotipato assunto da temi continuamente ripetuti: più che creazione, la poesia arcadica si rivela riproposizione e ricombinazione del già noto. In secondo luogo la diffusione restava interna all’Accademia, accentuando la separatezza del letterato e la sua estraneità alle energie vive della società.

Tema pastorale, “canzonetta” e il verso sciolto

Metastasio2

Tema prediletto della letteratura arcadica è quello pastorale, già caro al Rinascimento, come testimonia il nome stesso assunto dall’Accademia, che faceva riferimento alla mitica regione cantata dai poeti bucolici antichi, cioè l’Arcadia. In quel mondo pastorale gli arcadi proiettano il vagheggiamento di una vita ideale, isolata dalla realtà storica, dove regnano la semplicità della natura e l’eros galante.
Il mito bucolico dell’Arcadia porta a privilegiare l’effusione sentimentale espressa in forme musicali di scorrevoli cantabilità. La forma “melica” si esprime nella preferenza accordata alla “canzonetta“, odicina composta da versi brevi (settenari e ottonari). Con la poesia lirica e drammatica di Pietro Metastasio, la musicalità del verso raggiunse esiti formali di grande valore, esemplari per la lirica dell’epoca e per la futura poesia ottocentesca.
Con Carlo Innocenzo Frugoni si afferma, dopo il sonetto e la canzonetta, il verso sciolto (privo di rime e di uno schema metrico). Il poeta ebbe maggiore successo tra i contemporanei: incarnò appieno il gusto “medio” prediligendo un verso dalla facile musicalità con cui spaziò attraverso gli argomenti più vari.

Pubblicato da bmliterature

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