L’Italia da Crispi alla crisi di fine secolo

crispi_fQuando morì Agostino Depretis, nel 1887, divenne presidente del consiglio Francesco Crispi.
Crispi era un politico e avvocato siciliano, vicino agli ideali mazziniani, che si era distinto nelle insurrezioni del 1848 ed era stato il principale consigliare politico di Garibaldi durante la spedizione dei Mille.
Tuttavia, da rivoluzionario e repubblicano, alla fine degli anni ottanta, assunse posizioni monarchiche influenzato dalla politica del cancelliere tedesco Otto von Bismarck.
La sua politica fu di continuità con quella di Depretis: portò avanti le misure protezionistiche e continuò le ambizioni coloniali, anche se però mostrò tratti autoritari tipici del modello bismarckiano che si concretizzarono con il potenziamento del potere esecutivo a discapito di quello del Parlamento. Allo stesso tempo, però, promosse una serie di riforme sociali come la riduzione dell’orario di lavoro per gli operai.

LE RIFORME DI CRISPI

Durante i suoi quattro anni di governo, Crispi riprese molte riforme avviate da Depretis attuando un riformismo dall’alto che concedeva pochissimo spazio e autonomia ai partiti e ai sindacati.
Crispi allargò il suffragio a circa mezzo milione di italiani anche se rimase un suffragio censitario e fece sì che il sindaco, inizialmente scelto dal re, venisse eletto direttamente dal popolo.
Inoltre Crispi fece approvare la riforma del codice penale che veniva ad abolire la pena di morte e cancellava il reato di sciopero. Sempre seguendo il modello bismarckiano, venne a costituire un sistema sanitario pubblico per ridurre l’autonomia della Chiesa sulle strutture sanitarie.
Infine, dal punto di vista economico, adottò delle misure protezionistiche più rigide che colpirono i commerci con la Francia e che causarono una vera e propria guerra doganale. Questa guerra doganale danneggiò fortemente il sud Italia, i cui prodotti venivano venduti maggiormente all’estero. Tuttavia i trattati commerciali con i membri della Triplice alleanza (Germania e Austria-Ungheria) vennero rafforzati.

Il negus etiope Menelik II
Il negus etiope Menelik II

LE AMBIZIONI COLONIALI

Nonostante la sconfitta di Dogali, Crispi non volle rinunciare alla conquista del Corno d’Africa facendo rinascere gli spiriti dei nazionalisti italiani. Dopo molte pressioni, l’imperatore d’Etiopia Menelik II siglò con l’Italia il trattato di Uccialli (1889) che stabiliva il protettorato italiano su diversi territori dell’Etiopia, Somalia ed Eritrea. Tuttavia anche questa iniziativa fu perdente perché, nel 1895, l’Italia attaccò l’Etiopia e Menelik II si oppose con le armi sconfiggendo l’esercito italiano ad Adua. La sconfitta di Adua provocò in Italia disordini e manifestazioni che costrinsero Crispi alle dimissioni.

LA CHIESA TORNA IN CAMPO

Nel 1891 Leone XIII promulgò un’enciclica, la Rerum Novarum con la quale volle riconoscere ai lavoratori il diritto di battersi per i propri diritti per migliorare le condizioni di vita e autorizzava i cittadini a partecipare alla vita politica annullando di fatto il Non expedit imposto da Pio IX.
Con questo i cattolici tornarono alla vita politica, nacquero numerose associazioni d’ispirazione cattolica come le società di mutuo soccorso, le associazioni di carità e le casse rurali.

LA CRISI ECONOMICA

La politica protezionistica del governo di sinistra si rivelò fallimentare perché da una parte favorì la crescita dell’industria italiana, ma dall’altra finì per danneggiare l’economia meridionale che ricavava più che altro dalle esportazioni di prodotti agricoli.
Erano aumentate sempre di più le disuguaglianze economiche tra nord e sud Italia e i disoccupati cominciarono ad emigrare soprattutto nelle Americhe dove vi erano paesi in pieno sviluppo e in cui c’era richiesta di manodopera.

quarto-stato_h_partbIL SOCIALISMO SI ORGANIZZA

A causa delle diseguaglianze tra le varie regioni, si sviluppò il movimento operaio che diede vita al Partito socialista italiano (PSI). Il PSI diede ai lavoratori la possibilità di organizzarsi per far valere i propri diritti.
Prima dei socialisti, a interpretare le rivendicazioni sociali degli operai e dei contadini erano stati gli anarchici che volevano distruggere lo stato attraverso la violenza. I socialisti, invece, pressavano le classi borghesi affinché riformassero lo Stato a vantaggio dei lavoratori.

LA SVOLTA AUTORITARIA

Dopo la caduta di Crispi, i governi che salirono al potere erano tutti della Destra liberale in cui la classe dirigente rifiutava ogni cambiamento e l’integrazione delle masse lavoratrici nella vita politica reagendo spesso con la forza.
Esempi di scontri armati sono nel 1898, a Milano, dove una folla di manifestanti venne dispersa a cannonate dal generale Bava Beccaris e numerosi dirigenti socialisti vennero arrestati. La svolta autoritaria venne bloccata quando, nel 1900, i partiti di opposizione vinsero le elezioni. Ciò dimostrò come l’opinione pubblica non gradiva la politica repressiva del governo di destra.
A conclusione di questi eventi, l’anarchico Gaetano Bresci uccise il re Umberto I a Monza.

Pubblicato da bmliterature

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