Il mosaico politico italiano e la Pace di Lodi

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L’Italia settentrionale dalle signorie ai principati
Mentre in Europa occidentale si affermavano vaste nazioni rette da dinastie stabili, in Italia sorsero nuovi stati regionali (Stati i cui confini coincidono all’incirca con quelli di una singola regione geografica) dotati di strutture amministrative e finanziarie molto evolute, ma con territori poco estesi.
Nei comuni dell’area padana, dal XIV secolo, riprese la tendenza alla formazione di signorie incentrate sull’autorità di una singola persona. Col tempo, alcuni signori cercarono di rendere ereditario il loro dominio, comprando dagli imperatori prima la carica di vicario, poi anche il titolo di duca o di marchese. Così certe signorie, nate talvolta da atti di usurpazione, si trasformarono in principati (Stato regionale retto da un principe e legittimato da un re, un imperatore o un papa. Già nel Duecento, vari comuni italiani conferirono cariche di governo vitalizie a singoli individui (podestà, capitano).).

Marchesati, contee, ducati e antichi domini feudali
In questo periodo si consolidarono anche antichi domini di origine feudale. Tra le Alpi occidentali e la pianura, i conti di Savoia, attraverso eredità, accordi e conquiste, erano riusciti a creare un vasto insieme di possessi, garantendosi lo sbocco al mare con l’annessione di Nizza (1388). Nel 1416 Amedeo VIII ottenne dall’imperatore la carica di duca.
A fronte di dinastie in ascesa, altre apparivano in declino. La signoria degli Scaligeri, che alla fine del Duecento dominava gran parte del Veneto, dal 1339 si ridusse a controllare solo Verona e Vicenza. Nella stessa regione, Padova era passata ai Carraresi, mentre più a sud cresceva la potenza degli Estensi, rafforzati dalla concessione di un doppio titolo ducale: prima su Modena e Reggio Emilia (1452), poi su Ferrara (1471). Nel 1400 anche i Gonzaga, signori di Mantova, furono nominati marchesi per decreto imperiale.

L’espansione di Milano sotto la dinastia dei Visconti
La signoria più importante era tuttavia quella dei Visconti, che mantennero per quasi due secoli il governo di Milano (1277-1447). Dopo il 1311 Pavia, Como, Cremona, Lodi, Vercelli, Alessandria, Novara, Asti e Bergamo entrarono a far parte del loro dominio, che si estese oltre i confini della Lombardia.
In seguito, anche Bologna e Genova decisero di sottomettersi ai Visconti per eliminare le lotte di fazione.

Ascesa e rovina di Gian Galeazzo Visconti, principe e mecenate
Nel 1395 Gian Galeazzo Visconti, ottenuto dall’imperatore il titolo di duca di Milano, trasformò la propria signoria in principato. Anticipando il Rinascimento, si comportò da autentico mecenate (Gaio Cilinio Mecenate (68 a.C.-8 d.C.), consigliere dell’imperatore romano Augusto, formò un circolo di intellettuali e poeti sostenendoli nella loro produzione artistica. Da lui deriva il termine “mecenatismo”, che indica un fenomeno assai diffuso nel Rinascimento italiano.) e diede impulso a grandi opere d’arte, come il duomo di Milano e la certosa di Pavia.
Gian Galeazzo rese ancora più vasta la rete delle sue signorie, allargandola fino a Pisa, Siena e Perugia. Nel 1385, sconfitti gli Scaligeri, conquistò Verona e Vicenza; poi, s’impadronì di Padova, sottraendola ai Carraresi.
Battuti i fiorentini, prese anche Bologna, ma, all’improvviso, morì di peste (1402). Il sistema di dominio che aveva costruito con tanta tenacia si dissolse e molte città caddero in altre mani.
Nel 1450, quando i Visconti si estinsero, Milano si consegnò al capitano di ventura Francesco Sforza, che rivelò notevoli doti politiche, creando un efficiente sistema fiscale e risanando le finanze statali. La sua corte divenne un centro artistico e culturale di primo piano.

Ritratto del doge veneziano Francesco Foscari, Lazzaro Bastiani, 1460 circa; Venezia, Museo Correr.
Ritratto del doge veneziano Francesco Foscari, Lazzaro Bastiani, 1460 circa; Venezia, Museo Correr.

Le repubbliche cittadine: il governo oligarchico di Venezia
Altri comuni non si trasformarono in signorie, ma rimasero delle repubbliche.
E’ il caso di Venezia, Genova, Firenze, governate da oligarchie (Termine che deriva dal greco e significa “governo di pochi”. Col tempo, ha assunto un’accezione negativa, perché i regimi oligarchici negano i valori, i diritti e le regole di partecipazione della democrazia.) di mercanti e banchieri. A Venezia il doge (duca), titolare di un mandato vitalizio, era affiancato da un organo collegiale, il Consiglio dei dieci, e da un parlamento di mille seggi, il Maggior consiglio.
Dal 1297, cioè dopo la cosiddetta “serrata”, i rappresentanti del popolo furono esclusi da entrambe le assemblee, come da tutte le cariche cittadine.
La “Serenissima Repubblica” si diede dunque un regime dominato da una ristretta cerchia di notabili, solidale e coesa, che stroncava sul nascere ogni tentativo d’instaurare signorie personali.

La Serenissima muove alla conquista dell’entroterra
Allarmata per l’espansione turca, Venezia avvertì la necessità di affiancare uno stato di terraferma al suo impero marittimo che, oltre alle coste dalmate e ai porti della Grecia, includeva varie isole dello Ionio e dell’Egeo, tra cui Cipro e Creta.
Dal 1404 la Serenissima cominciò a spingersi nell’entroterra, conquistando Vicenza, Belluno, Verona, Padova, Brescia, Bergamo e Crema (1428).
Le grandi famiglie cittadine acquisirono vaste proprietà agricole, che resero fertili con interventi di bonifica e si assicurarono il controllo dei passi alpini, dove transitavano i prodotti esotici importati dai mercanti veneziani, come pepe, seta e zucchero.

Genova: una potenza commerciale indebolita dalle fazioni
Grazie ai suoi facoltosi banchieri e alle sue navi di grande stazza, Genova possedeva un dominio marittimo e commerciale paragonabile a quello di Venezia. La vita politica cittadina, tuttavia, fu agitata dalle rivalità fra le grandi famiglie.
Tra il 1390 e il 1396 si susseguirono ben undici rivoluzioni, che vanificarono tutti i vantaggi ottenuti con la vittoria sui veneziani nella guerra del 1378-81.
L’espansione dei turchi ridusse l’attrito fra le due repubbliche. Dalla fine del Trecento, Genova e Venezia, piuttosto che continuare a combattersi, preferirono definire e rispettare le rispettive sfere di influenza.

Cosimo il Vecchio (particolare dalla Cavalcata dei magi), Benozzo Gozzoli, 1460; Firenze, Palazzo Medici Riccardi
Cosimo il Vecchio (particolare dalla Cavalcata dei magi), Benozzo Gozzoli, 1460; Firenze, Palazzo Medici Riccardi

A Firenze e in Toscana si afferma la signoria dei Medici
Anche Firenze procedette nella costruzione di un forte stato regionale. Attorno al 1420 i fiorentini controllavano tutta la Toscana, ad esclusione di Siena e di Lucca. In città, dopo la fallita rivolta dei ciompi (1378), il potere era tornato nelle mani delle famiglie più ricche.
Col tempo, la famiglia dei Medici, forte del consenso popolare, riuscì a scalzare la vecchia oligarchia. Così, nel 1434, il governo cittadino passò sotto il controllo di Cosimo il Vecchio, che instaurò una signoria mascherata, lasciando le cariche del comune a uomini di sua fiducia.
Titolari di una compagnia con sedi a Londra, Bruges e Avignone, i Medici si erano arricchiti con il commercio della lana e della seta. Nel 1429, Cosimo era diventato il banchiere del papa. Fu lui l’artefice della Pace di Lodi, ma Firenze raggiunse il massimo splendore con il nipote Lorenzo detto il Magnifico, valente politico, letterato e protettore di artisti.

Lo Stato pontificio dopo il rientro del papa
Lo Stato della Chiesa comprendeva le regioni dell’Italia centrale, esclusa la Toscana. Dopo il ritorno a Roma (1377), i pontefici però si assicurarono solo il controllo diretto del Lazio.
Altrove, invece, molte città restarono in possesso di signorie autonome, legittimate da concessioni papali, come i Montefeltro a Urbino e i Malatesta a Rimini. Risolto lo Scisma d’Occidente, i papi ripresero gran parte dei loro territori, approfittando dell’anarchia di molte realtà locali.

La Sicilia e il Regno di Napoli dagli Angioini agli Aragonesi
ImageIl Regno di Sicilia e Napoli, il più vasto fra gli stati italiani, era formalmente un feudo del papa, che lo aveva concesso nel 1265 al duca francese Carlo d’Angiò.
Dopo la rivolta dei Vespri (1282), la Sicilia passò al re d’Aragona (1302), ma la separazione dell’isola del Meridione d’Italia finì per impoverire entrambi i territori, legati da secolari rapporti economici.
Intanto, nel Regno di Napoli, a parte l’abile Roberto d’Angiò, i re angioini si rivelarono incapaci di contenere le pretese della nobiltà feudale.
Il loro dominio cessò nel 1442, al termine di un lungo conflitto con gli Aragonesi. La nuova dinastia, inaugurata da Alfonso I d’Aragona, impose un regime di sfruttamento riservando manifatture, commerci e banche agli spagnoli.

L’Italia sconvolta da mezzo secolo di rivalità e scontri militari
In Italia, nella prima metà del Quattrocento, rivalità e guerre si fecero sempre più frequenti; temendosi a vicenda, gli stati più grandi si coalizzavano di volta in volta contro quello che appariva più potente per contenerlo e indebolirlo.
Gli eserciti, costituiti per lo più da mercenari – le cosiddette compagnie di ventura – si affrontavano senza tregua, in un vortice frenetico di alleanze e inversioni di campo.
Furono ancora le ambizioni dei Visconti a suscitare tensioni e conflitti. Il nuovo disegno espansionistico di Filippo Maria s’intrecciò infatti con la guerra per il possesso del Regno di Napoli fra Angioini e Aragonesi.
Il duca di Milano, dopo aver ottenuto la signoria su Genova, rivolse le sue mire al Veneto e alla Toscana. Fu però sconfitto nel 1424 da una lega capeggiata da Venezia e Firenze, perdendo anche il controllo di Brescia e di Bergamo.

Dalle guerre di predominio alla Pace di Lodi: la politica dell’equilibrio
Come abbiamo visto, alla morte di Filippo Maria (1447), la dinastia dei Visconti si estinse e dopo la breve parentesi della Repubblica ambrosiana (1447-1450), Milano offrì la signoria al capitano mercenario Francesco Sforza, che aveva sposato la figlia del defunto duca.
Venezia cercò subito di ostacolare l’ascesa, organizzando una nuova alleanza antimilanese, ma nel 1452 venne a sua volta attaccata da una coalizione di stati ostili. La guerra si concluse nel 1454 con la Pace di Lodi, ispirata da Cosimo de’ Medici, a cui aderirono tutte le maggiori potenze italiane. Il confine tra Venezia e Milano fu fissato sul fiume Adda. Da quel momento, alle armi si sostituì la diplomazia e la penisola conobbe alcuni decenni di stabilità.
Fu Lorenzo il Magnifico a salvaguardare quell’accordo. Mettendo in atto la “politica dell’equilibrio”, divenne “l’ago della bilancia italiana”. Alla sua morte (1492), ripresero i conflitti e l’Italia divenne terra di conquista per le potenze straniere.

Ludovico il Moro inginocchiato ai piedi della Vergine, pala Sforzesca, 1494-95; Milano, Pinacoteca di Brera.
Ludovico il Moro inginocchiato ai piedi della Vergine, pala Sforzesca, 1494-95; Milano, Pinacoteca di Brera.

Vacilla l’indipendenza italiana
Nessun governo della penisola riconosceva come definitivo l’assetto territoriale imposto dalla Pace di Lodi. Lo scenario politico era dominato da avventurieri ambiziosi, che passavano con disinvoltura dal “mestiere delle armi” alla guida di uno stato. I principi italiani erano ancora in grado d’ingaggiare agguerrite compagnie di ventura, ma, in caso di guerre prolungate, non potevano disporre di eserciti e mezzi finanziari all’altezza delle potenti monarchie nazionali che stavano sorgendo altrove. Essi, inoltre, si illusero di potersi servire dei sovrani europei per le loro lotte interne, alternando, come in passato, guerra e diplomazia. I rapporti di forza, però, erano cambiati.
La fragilità italiana emerse chiaramente quando il re di Francia Carlo VIII rivendicò, come erede della dinastia angioina, il possesso del Regno di Napoli. Ottenuto l’appoggio del duca di Milano Ludovico Sforza detto il Moro, egli scese in Italia nel 1494 con ventimila soldati e sessanta pezzi di artiglieria.

Pubblicato da bmliterature

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