Il Seicento, un’età di crisi e trasformazioni

Si arresta la crescita della popolazione

La peste a Milano nel 1630, XVII secolo.
La peste a Milano nel 1630, XVII secolo.

Le indagini demografiche applicate al XVII secolo ci dicono che la crescita della popolazione europea, che nel corso del Cinquecento era avvenuta rapidamente, conobbe invece una battuta d’arresto; in alcune aree si registrò addirittura una diminuzione. L’Europa rimase inchiodata a una cifra complessiva di circa 100 milioni di abitanti (includendo anche l’Europa orientale, i Balcani e la Russia).
Questi dati sono significativi, poiché nel passato, ben più di oggi, solo un aumento della popolazione poteva documentare una situazione di benessere economico e sociale, dovuto a raccolti agricoli più abbondanti, alla diminuzione delle malattie e delle guerre, a un’alimentazione più sana. Una stagnazione demografica è il segno del contrario.
Nel corso dei Seicento malattie e carestie impedirono una crescita del trend demografico generale, nel senso che il numero dei nuovi nati riusciva a fatica a compensare, o a superare di poco, quello dei morti. Sappiamo che nei primi anni del XVII secolo la Spagna perse l’8% dei suoi abitanti; altre epidemie, provocate dalla peste, colpirono l’Inghilterra intorno al 1625, l’Europa centrale e l’Italia verso il 1630 (quest’ultima è la pestilenza narrata da Alessandro Manzoni nei “Promessi Sposi”).
A falcidiare le popolazioni non erano solo le epidemie (sintomo peraltro di alimentazione insufficiente e igiene precaria), ma anche le guerre: gli eserciti mercenari saccheggiavano case e granai, con danni gravissimi per il tessuto economico e sociale. Si calcola che nel corso della guerra dei Trent’anni (1618-48), la Germania perse oltre tre milioni di abitanti. La quantità dei morti fu tale che fu necessario oltre un secolo per tornare alla stessa densità di popolazione del periodo precedente.

La crisi economica e i suoi fattori

Il misero pasto dei contadini; Louis Le Nain, 1640 ca.
Il misero pasto dei contadini;
Louis Le Nain, 1640 ca.

Questo calo demografico era la spia di una situazione di crisi più generalizzata, le cui cause vanno cercate, anzitutto, nelle difficoltà dell’economia.
Nel corso del secolo XVII soprattutto l’agricoltura rallentò la sua produzione, con il risultato che i generi alimentari presero a scarseggiare in molte zone d’Europa. Quando, poi, le risorse diminuirono ulteriormente a causa di alcune annate di cattivi raccolti (dovute, pare, a un raffreddamento del clima) e alle devastazioni della guerra, si verificarono in molte aree micidiali carestie.
Lungo il cinquecento la resa dei terreni era cresciuta grazie ai dissodamenti di nuove terre e a opere di bonifica; le tecniche agricole non avevano però conosciuto significativi progressi. Parallelamente, però, la popolazione era assai aumentata, e con essa si erano moltiplicate per due le bocche da sfamare. E così già verso la fine del Cinquecento la produzione agricola risultava appena sufficiente a sfamare la popolazione.
A peggiorare le cose furono anche le cattive scelte politiche da parte degli stati del Seicento. Essi infatti accrebbero un po’ ovunque il prelievo fiscale, sottraendo così risorse ai miglioramenti agricoli e a nuovi investimenti nei trasporti, nelle bonifiche ecc. Mantenere gli eserciti e reclutare forze nuove, stipendiare una massa crescente di funzionari pubblici, conservare un alto tenore di vita per i nobili: tutte queste esigenze indussero i governi dell’epoca a imporre tasse pesantissime. Specialmente in Spagna e in Italia esse fecero crollare il tenore di vita delle classi medie e popolari, provocando un diffuso malcontento e anche, qua e là, rivolte sanguinosamente represse.

Dalla crisi nascono “diverse” Europe

La crisi non colpì tutti i paesi europei allo stesso modo; anzi, il Seicento fu un periodo di grandi trasformazioni nella geografia economica del continente. Nacquero “diverse” Europe, avviate a percorrere cammini sempre più differenziati.
Nell’area settentrionale, protestante e calvinista, Inghilterra e Olanda si diedero strutture politiche fortemente influenzate dalla borghesia imprenditoriale e mercantile. Ciò rese possibile, per i due paesi, una stagione di rapidi progressi economici, specialmente nei campi dei traffici commerciali a vasto raggio e delle attività finanziarie.
Non riuscì invece a svilupparsi allo stesso grado la Germania, divisa in tanti piccoli stati e principati. Anzi, proprio la Germania fu il teatro della sanguinosissima guerra dei Trent’anni, che impoverì grandemente il paese.
L’Europa mediterranea ebbe un diverso cammino. Qui l’aristocrazia di origine feudale conservò grande potere e la stessa borghesia ridusse i propri investimenti economici, preferendo utilizzare i capitali nell’acquisto di terre e adottando stili di vita di tipo aristocratico. Il risultato fu un’inarrestabile decadenza sia politica sia economica, avvertibile specialmente nel settore nevralgico del commercio internazionale.
Alla crisi della Spagna, gravemente impoveritasi nel tentativo di affermarsi in Europa, e dell’Italia, ridotta a provincia della monarchia spagnola, fece di contrappeso la capacità di resistenza della Francia. Qui la monarchia, nonostante crisi interne e opposizioni popolari e nobiliari, riuscì ad assicurare al paese una sostanziale stabilità.

Pubblicato da bmliterature

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