La Vita di Galileo Galilei, il metodo e le epistole

La formazione e l’insegnamento universitario

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Galileo Galilei nacque a Pisa nel 1564 da una nobile famiglia fiorentina. Il giovane Galilei studiò all’Università di Pisa. A questo periodo risalgono i suoi scritti di critica letteraria con cui l’autore partecipa alla polemica apertasi tra sostenitori del poema cavalleresco di Ariosto (al quale vanno le simpatie di Galilei) e il poema eroico di Tasso. Ma nella sua città natale condusse soprattutto studi scientifici applicandosi dapprima alla medicina, poi alla matematica e alla filosofia naturale, sebbene i tentativi di superare i presupposti tradizionali della scienza risultino, in questa prima fase, ancora infruttuosi.
Molto più proficuo fu il periodo trascorso all’Università di Padova, dove si trasferì attirato da guadagni più consistenti. Nel vivace ambiente intellettuale della città avviò corrispondenze epistolari con grandi personalità straniere: furono questi “i diciotto anni migliori” della sua vita.

Il conflitto con la Chiesa

Galilei dal Granduca Cosimo II.
Galilei dal Granduca Cosimo II.

Galilei si trasferì poi a Firenze nel settembre del 1610, come “primario matematico e filosofo del granduca di Toscana”. La carica ottenuta presso il Granducato toscano permise a Galilei di dedicarsi esclusivamente alla ricerca scientifica; il titolo di “filosofo” gli consentiva di pronunciarsi ufficialmente, facendosi scudo dell’autorità del suo protettore, su questioni non strettamente tecniche. L’appoggio dell’insigne scienziato gesuita Cristofaro Clavio non bastò a porre fine al conflitto apertosi con molti esponenti della Chiesa, preoccupati dalle ripercussioni delle scoperte di Galilei in ambito teologico; Galilei decise allora di ricorrere nei suoi scritti al volgare per permettere a un pubblico più vasto di studiosi e di tecnici di partecipare al dibattito.
Nel 1615 Galilei fu denunciato dai Domenicani all’Inquisizione del 1616. La teoria eliocentrica fu condannata come incompatibile con la fede cristiana e l’opera di Copernico; inoltre Galilei fu solennemente ammonito dal tribunale del Santo Uffizio di non condividerla, insegnarla o difenderla a voce o per iscritto. Secondo il verbale della seduta, Galilei avrebbe accettato di sottomettersi al volere dell’Inquisizione, pur di evitare la condanna ufficiale. Nonostante la malattia, lo scienziato non rinunciò mai al proposito di persuadere il mondo, e quello ecclesiastico in particolare, della veridicità della nuova visione scientifica dell’universo.

La condanna e l’abiura

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Galilei al Tribunale dell’Inquisizione

L’elezione nel 1623 al soglio pontificio di papa Urbano VIII, suo antico estimatore, fece sorgere in Galilei nuove speranze e lo indusse a portare a termine un’opera a cui lavorava da anni. Si tratta del Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, nel quale Galilei, scrivendo in volgare e in uno stile piano e lineare che rendeva il testo accessibile anche al largo pubblico, proponeva il contrasto tra le opposte tesi cosmologiche tolemaica e copernicana.
Il pontefice, tuttavia, premuto da circostanze politiche interne e internazionali, lasciò che i Gesuiti condannassero le tesi esposte dall’autore nel Dialogo. Questi, vecchio e malato, fu costretto a comparire nel febbraio del 1633 davanti al tribunale dell’Inquisizione, di fronte al quale il 22 giugno pronunciò pubblicamente l’abiura delle proprie tesi, dopo aver ascoltato il verdetto di condanna al “carcere formale” perpetuo (cioè gli arresti domiciliari a vita).

L’isolamento degli ultimi anni

Tenuto in condizioni di quasi assoluto isolamento, lo scienziato trascorse gli ultimi anni della sua vita segretato forzatamente nella propria dimora. Galilei era ormai indebolito dall’età e dalla progressiva cecità. La prematura scomparsa della figlia naturale Virginia, inferse un duro colpo. Nonostante ciò proseguì le sue ricerche e riuscì a far pubblicare in Olanda il frutto delle sue ultime ricerche. Morì nel 1642.

Il metodo Galileiano e le epistole

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Il metodo galileiano è una sintesi rigorosa di ragionamento matematico e sperimentazione concreta. Fu questo principio metodologico a suscitare l’opposizione più intransigente della Chiesa, la quale rifiutava l’ipotesi di poter attribuire ad una disciplina, tradizionalmente sottomessa dalla teologia, il compito di descrivere e definire, seguendo criteri del tutto autonomi, le strutture del mondo. Galilei giunse infatti a definire la natura come “libro scritto in caratteri matematici”, affermando di fatto la corrispondenza piena e diretta tra la teoria eliocentrica proposta da Copernico e la realtà naturale: in altre parole, lo scienziato pisano sosteneva la veridicità della teoria eliocentrica. Inoltre il processo a cui egli sottopone la realtà “sensibile” passa attraverso l’osservazione diretta del fenomeno naturale. La fase successiva prevede l’elaborazione dei dati effettuata sempre sulla base di una “dimostrazione matematica” e infine dar vita a un esperimento che confermi il risultato riscontrato dall’esperienza.
In un primo tempo il luogo “letterario” prescelto da Galilei per sostenere la verità e fondatezza delle proprie posizioni, fu la corrispondenza epistolare. Le lettere furono per lo studioso occasioni in cui, con un linguaggio più piano e diretto rispetto a quello “alto” dei trattati, egli intratteneva rapporti costanti sia con gli allievi, sia con i colleghi scienziati divenuti suoi interlocutori.
Delle lettere galileiane si ricordano soprattutto quella a Benedetto Castelli, e la più lunga e articolata lettera a Cristina di Lorena, madre del granduca di Toscana Cosimo II de’ Medici.
Queste corrispondenze insieme vanno a formare le cosiddette lettere “copernicane” o “teologiche” che Galilei concepisce non come corrispondenza privata, ma come occasioni per una pubblica difesa delle sue idee: la sua “missione” di credente e studioso, fu quella di eliminare i pregiudizi secondo cui nelle Sacre Scritture esistevano dei passi che avrebbero confutato la nuova visione cosmologica copernicana. Il risultato fu che anche alcuni di questi scritti vennero impugnati dall’Inquisizione e determinarono la censura dei postulati dalla teoria copernicana sulla centralità del Sole e la mobilità della Terra.

Pubblicato da bmliterature

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