Luigi Pirandello – Biografia

GLI ANNI GIOVANILI
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Pirandello nacque nel 1867 a Girgenti (Agrigento) da una famiglia borghese di agiate condizioni. Dopo gli studi liceali si iscrisse all’Università di Palermo e in seguito all’Università di Roma. Dopo in contrasto sorto con un professore decise di trasferirsi all’Università di Bonn dove si laureò in Filologia romanza. L’esperienza in Germania fu importante per lo scrittore che entrò in contatto con la cultura tedesca e con gli autori romantici, che ebbero profonda influenza sulla sua opera e sulle sue teorie riguardanti l’umorismo.
Dal 1892 si stabilì a Roma dove si dedicò interamente alla letteratura. Nel 1894 sposò a Girgenti Maria Antonietta Portulano, tornando poi a vivere con la moglie a Roma. Dal 1897 iniziò l’insegnamento di Lingua italiana come supplente presso l’Istituto Superiore di Magistero di Roma. Nel frattempo pubblicò articoli e saggi su varie riviste, tra cui il “Marzocco”, che aveva tra i collaboratori anche Pascoli e d’Annunzio.

IL DISSESTO ECONOMICO
Nel 1903 un allagamento della miniera di zolfo in cui il padre aveva investito tutto il suo patrimonio provocò il dissesto economico della famiglia. Il fatto ebbe ripercussioni nella vita dello scrittore. La moglie, il cui equilibrio psichico era già fragile, ebbe una crisi che la sprofondò nella follia. La convivenza con la donna costituì per Pirandello un tormento continuo, che può essere visto come il germe della sua concezione dell’istituto familiare come “trappola” che imprigiona e soffoca l’uomo.
Con la perdita delle rendite mutò anche la condizione sociale di Pirandello, che fu costretto ad integrare il non lauto stipendio di professore intensificando la sua produzione di novelle e romanzi. Lavorò anche per la cinematografia che allora stava muovendo i primi passi. Anche l’esistenza di Pirandello fu segnata dall’esperienza della declassazione, del passaggio da una vita di agio borghese ad una di piccolo borghese. Questo fatto gli fornì lo spunto per la rappresentazione del grigiore soffocante della vita piccolo borghese, ma soprattutto il rancore e l’insofferenza che ne derivano acuirono il suo rifiuto irrazionalistico del meccanismo sociale sentito come “trappola” in cui l’uomo si dibatte invano cercando di riattingere alla spontaneità della vita.

L’ATTIVITA’ TEATRALE
Dal 1910 Pirandello ebbe il primo contatto con il mondo teatrale, con la rappresentazione di Lumìe di Sicilia e La morsa. Da quel momento Pirandello divenne soprattutto scrittore per il teatro, anche se non abbandonò mai la narrativa. Fece rappresentare drammi diversi da quelli in uso come Pensaci Giacomino!, Liolà, Così è (se vi pare), Il berretto a sonagli… che suscitarono nel pubblico e nella critica reazioni sconcertate.
Quello era anche il periodo della guerra e Pirandello aveva visto con favore l’intervento, considerandolo come una sorta di compimento del processo risorgimentale, ma la guerra fu dolorosamente incisiva sulla sua vita e il figlio Stefano fu subito fatto prigioniero fino alla morte. Dopo questo evento, la nevrosi della moglie aggravò, tanto che lo scrittore fu costretto a farla ricoverare in una casa di cura.
Dal 1920 il suo teatro inizio a diventare di successo. Con i Sei personaggi in cerca d’autore, il linguaggio drammatico venne radicalmente rivoluzionato suscitando dapprima reazioni furibonde negli spettatori, ma andando poi incontro ad un successo trionfale, anche all’estero.
Così Pirandello abbandonò la cattedra di professore per dedicarsi completamente al teatro seguendo le compagnie nelle loro tournées in Europa e America. Assunse persino la direzione del Teatro d’Arte di Roma.

I RAPPORTI CON IL FASCISMO
L’esperienza con il Teatro d’Arte di Roma fu resa possibile anche grazie al finanziamento dello Stato. Pirandello si era iscritto al partito fascista. La sua adesione ebbe però caratteri ambigui. Da un lato il suo conservatorismo politico e sociale lo spingeva a vedere nel fascismo una garanzia di ordine, dall’altro il suo spirito antiborghese lo induceva a scoprirvi l’affermazione di una genuina energia vitale che spazzava via le forme soffocanti della vita sociale dell’Italia postunitaria. Ben presto però dovette rendersi conto del carattere di vuota esteriorità del regime e, pur evitando ogni forma di rottura, accentuò il suo distacco, che celava un sottile disprezzo.
Negli ultimi anni lo scrittore seguì la pubblicazione organica delle sue opere nelle Novelle per un anno e le Maschere nude. Nel 1934 gli venne assegnato il Premio Nobel per la Letteratura, a consacrazione della sua fama mondiale.
Si ammalò di polmonite e morì lasciando incompiuto il suo ultimo capolavoro teatrale I giganti della montagna.

Pubblicato da bmliterature

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