La figura intellettuale di Petrarca

PetrarcaL’INTELLETTUALE COSMOPOLITA, IL CORTIGIANO, IL CHIERICO
Petrarca
rappresenta una figura di intellettuale nuova rispetto agli scrittori del Duecento e a Dante, e anticipa la figura che dominerà poi nei periodi successivi. Non è più l’intellettuale comunale, legato ad un preciso ambiente cittadino, ma un intellettuale cosmopolita, senza radici in una tradizione municipale. Ciò si manifesta nella sua perpetua ansia di viaggiare, nel variare continuamente il luogo dei suoi soggiorni, Avignone, Parma, Milano, Venezia, Padova. E’ evidente la distanza che lo separa da Dante, che, esule per l’Italia, rimpiangeva di aver lasciato nella sua città «ogni cosa diletta più caramente» e non pensava che a ritornare al «bell’ovile» dove aveva «dormito agnello». In Petrarca è semmai significativa la scelta “italiana”, in nome di un ideale non più municipale, ma nazionale (seppur sentito in termini solo culturali e letterari, non politici).
In secondo luogo Petrarca non è più l’intellettuale-cittadino che partecipa attivamente alla vita politica del suo Comune (come è ancora Boccaccio) e ne riflette le caratteristiche nella propria opera. È ormai pienamente un intellettuale cortigiano: accetta la nuova istituzione della Signoria, che si è ampiamente affermata in Italia, e sceglie di sostenerla con il suo prestigio e la sua autorevolezza di grande intellettuale, di uomo di vasta cultura e di fama europea. In questo ha una fuFrancesco Petrarcanzione pubblica: dà consigli e ammonimenti ai signori, dà lustro con la sua fama alla corte, è impiegato in incarichi prestigiosi; in cambio ne ha rendite, pubblici onori, protezione. Tuttavia resta geloso della sua autonomia di intellettuale, e per questo rifiuta incarichi che lo vincolerebbero troppo istituzionalmente alla struttura del potere, come quello di segretario papale. Con i vari signori, i Visconti, i da Correggio, i da Carrara, non ha veri rapporti istituzionali, resta più che altro un illustre ospite, con rapporti di amicizia e deferenza personali, ma conservando tutta la sua libertà e dignità.
Garanzia di questa indipendenza sono le rendite ecclesiastiche, che lo preservano erano dal dipendere, per il mantenimento materiale, dai favori di un signore. Anche in questo Petrarca anticipa una figura di intellettuale che diverrà in seguito sempre più diffusa: il chierico, colui che trae sostentamento da cariche e benefici ecclesiastici e da essi ricava la possibilità di dedicarsi agli studi a tempo pieno, senza doversi disperdere in attività professionali o di altro genere. Grazie alle rendite (e ai favori dei signori) Petrarca può considerarsi ricco, conduce vita agiata, ha il privilegio di risiedere nei luoghi più ameni e incantevoli, propizi al raccoglimento interiore dell’attività intellettuale (Valchiusa, Selvapiana presso Parma, la casetta milanese presso la basilica di Sant’Ambrogio, Arquà). Può anche disporre di tutti i libri che vuole: era questo un lusso riservato a pochi, dato il costo altissimo che allora avevano i libri manoscritti.

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L’HUMANITAS
I privilegi e i favori di cui Petrarca può godere si spiegano col grande prestigio che ha assunto, presso i gruppi dirigenti italiani, la letteratura. Essa viene considerata come la più alta manifestazione dello spirito umano, l’attività in cui si compendia l’essenza stessa dell’umanità, l’humanitas. Il letterato è colui che, con i suoi studi e la sua dottrina, fa rivivere il mondo antico, a cui si guarda sempre più con riverenza come modello della vita spirituale e di quella civile; d’altro lato è colui che, con i suoi scritti, assicura l’immortalità della fama presso i posteri. Si va già delineando, nell’opinione “pubblica” delle classi dirigenti, quella concezione della cultura che caratterizzerà l’Umanesimo. E Petrarca ne è l’intèrprete più consapevole: per lui nelle lettere si compendiano i più alti valori umani, e si possono individuare gli strumenti per la formazione complessiva della persona. Perciò esse non devono essere asservite a fini pratici, ma devono restare un’attività assolutamente disinteressata. Petrarca ostenta disprezzo per un sapere puramente tecnico e scientifico, per le “arti meccaniche”; le lettere invece, che apparentemente non sono necessarie, sono veramente utili e costruttive, perché riconducono alla meditazione e alla riflessione interiore e perché portano alla vera conoscenza di sé e confortano l’animo, rendendolo saldo di fronte ai colpi della fortuna. Per questo Petrarca ha un’idea altissima della dignità del poeta, che per lui è il sacerdote di un vero e proprio culto, ed ha il potere di consacrare all’immortalità se stesso e coloro di cui tratta. Questa concezione della letteratura e dell’attività intellettuale, ispirata ai classici latini, anticipa quella che trionferà nel secolo successivo con l’Umanesimo (il quale, infatti, guarderà a Petrarca come ad un iniziatore e ad un maestro).

Pubblicato da bmliterature

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