L’Europa che declina: l’area mediterranea

La crisi spagnola e le sue ragioni

Veduta del Cerro di Potosì, colonia spagnola, con le sue miniere d'argento.
Veduta del Cerro di Potosì, colonia spagnola, con le sue miniere d’argento.

La conclusione della guerra dei Trent’anni segnò per la Spagna asburgica la fine della sua supremazia in campo politico e militare, e la necessità di affrontare una situazione economica ormai critica.
Sconfitta nella guerra, la Spagna dovette definitivamente rinunciare ai ricchi Paesi Bassi del nord, protestanti, e subì anche il distacco del Portogallo, resosi indipendente nel 1640 con tutti i suoi vasti domini coloniali (in primo luogo il Brasile).
Ma le vere difficoltà per la Spagna venivano dalla disastrosa condizione della sua economia. D’altra parte era in atto un processo storico più generale: l’intero mondo mediterraneo, infatti, patì le conseguenze della “rivoluzione atlantica“. A dominare i mari, e i commerci internazionali, erano adesso altre potenze, principalmente Inghilterra e Paesi Bassi. In particolare gli inglesi, dopo aver occupato importanti territori ex spagnoli nelle Antille, si insediavano adesso nel Nord America. Un’analoga crisi economica e politica colpì, nel corso del Seicento, anche la penisola italiana.
Nel secolo precedente la Spagna aveva fondato la propria prosperità non su moderne attività produttive, ma sull’afflusso di ricchezze, soprattutto metalli preziosi, dalle colonie. Oro e argento erano però serviti a finanziare le guerre della monarchia e i lussi di un’aristocrazia gelosa dei propri privilegi e disinteressata alla regressione che ciò provocava nel paese. Adesso quelle ricchezze non erano più disponibili: i finanzieri inglesi e genovesi, infatti, avevano approfittato dei crediti vantati verso la Spagna per convertirli in quote maggioritarie sulle miniere americane, di cui avevano così ottenuto il controllo.
La monarchia iberica peggiorò la situazione imponendo alla società produttiva un carico eccessivo di tasse. Agricoltura e attività manifatturiera, l’industria di allora, caddero in una crisi profonda. I cattivi raccolti, uniti ai reclutamenti dell’esercito e alle conseguenze di una micidiale pestilenza, spopolarono il paese: su un territorio vastissimo erano rimasti solo cinque milioni di abitanti.

Carlo II, l’ultimo Asburgo di Spagna

La debolezza economica si tradusse in debolezza politica: la Spagna fu soppiantata dalla Francia nel ruolo di principale potenza sul continente europeo.
Dal 1661 sedeva sul trono di Madrid l’ultimo re degli Asburgo di Spagna, Carlo II, malato e senza eredi. Visse convinto di essere gravato da una maledizione (era perciò chiamato El Hechizado, cioè “lo Stregato”): in realtà la sua debolezza congenita deriva dall’abitudine, allora molto diffusa, di contrarre matrimoni solo fra consanguinei.
Alla morte di Carlo II, avvenuta nel 1700, il re francese Luigi XIV tentò addirittura di assegnare la corona a un sovrano della sua casata, i Borbone, per fare della Spagna un paese a lui sottomesso. Il contrasto che ne seguì avrebbe originato la prima guerra di successione del Settecento, la “guerra di Successione spagnola”.

La guerra di successione spagnola

Carlo Emanuele II duca di Savoia e Vittorio Amedeo II principe di Piemonte, Giovanni Battista Brambilla, XVII secolo. Torino, Palazzo Madama.
Carlo Emanuele II duca di Savoia e Vittorio Amedeo II principe di Piemonte, Giovanni Battista Brambilla, XVII secolo. Torino, Palazzo Madama.

La guerra di successione spagnola si aprì nel 1701, per la morte senza eredi del re Carlo II. Carlo era un Asburgo, ma aveva sposato Maria Luisa di Borbone-Orléans, nipote di Luigi XIV di Francia. Il trono spagnolo faceva gola a molti, specialmente all’Austria asburgica e alla Francia borbonica, che potevano legittimamente rivendicare il diritto. Francia, Spagna e Baviera si coalizzarono attorno alla dinastia borbonica; sull’altro fronte si formò la “grande alleanza antiborbonica” (Gran Bretagna, Olanda, Austria, Prussia e Portogallo). Il conflitto si concluse nel 1713.
Le paci di Utrecht (1713) e di Rastadt (1714) obbedirono esplicitamente al principio del “giusto equilibrio” nell’assegnare la Spagna a un re di origine francese: un Borbone, Filippo V, discendente del Re Sole. La Spagna mantenne inoltre la sovranità sulle colonie americane. La Gran Bretagna ebbe Gibilterra, Minorca e l’isola di Terranova, ma i maggiori vantaggi furono tratti dagli Asburgo d’Austria, che ottennero i domini spagnoli nei Paesi Bassi e in Italia.
L’Italia entrò da allora nell’orbita asburgica: Milano, il Regno di Napoli e la Sardegna furono incorporati nei possedimenti austriaci. Anche il Granducato di Toscana, assegnato al ramo degli Asburgo-Lorena, entrò nell’area di influenza austriaca. Il Piemonte, che aveva combattuto nell’alleanza antiborbonica, si vide riompensato con il Regno di Sicilia: i duchi sabaudi ottennero così (1713) la sospirata corona di re.

Pubblicato da bmliterature

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