L’intervento degli Stati Uniti nella Prima Guerra Mondiale

ControstoriaAlla fine del 1915, sul fronte occidentale non c’era stato nessun cambiamento, ma dal punto di vista umano, la guerra aveva mostrato la sua potenza distruttiva: Francia e Russia avevano subito perdite immense. Per le forze dell’Intesa la guerra sembrava dover volgere al peggio. Per gli imperi centrali, si trattava di sfruttare questa condizione di vantaggio per evitare di soffrire l’accerchiamento e l’isolamento economico.
Lo stato maggiore tedesco, dopo il fallimento della guerra lampo e lo stabilirsi del fronte occidentale, decise di adottare una nuova tattica detta guerra dell’usura. Essa consisteva nell’impegnare il nemico in un solo punto in modo da obbligarlo ad utilizzare tutte le sue forze lì, finché non si fossero esaurite ogni risorsa umana e militare. Questa strategia consente di abbassare il morale del nemico per obbligarlo alla trattativa oppure per strappargli l’iniziativa.
Una prima prova di questa nuova tattica venne effettuata il 21 febbraio del 1916: i tedeschi attaccarono Verdun dopo aver bombardato massicciamente le difese dei francesi. Dopo 5 mesi di combattimento persero la vita più di mezzo milione di persone e il fronte rimase quasi identico, dimostrando l’inefficacia della tattica dell’usura.
I francesi, insieme agli inglesi, decisero di affrontare i tedeschi sul fiume Somme. Qui le vittime furono maggiori e nonostante il numero di morti e l’utilizzo per la prima volta dei carri armati, i francesi non riuscirono a modificare il fronte.

IL FRONTE ITALIANO
L’entrata in guerra dell’Italia era prettamente anti-austriaco e le operazioni militari si concentrarono sul fronte orientale, al confine tra il Regno d’Italia e l’Impero austro ungarico. La conformazione geografica del territorio e l’equivalenza delle forze militari trasformarono il conflitto in una guerra di trincea.
Una guerra inutile e priva di senso pratico, perché alla lunga la linea del fronte non subiva mai modifiche sostanziali, e di senso morale perché si dava poco conto alle perdite umane come se la vita dei soldati non valesse nulla. In entrambi i fronti, questa situazione causò ripetuti fenomeni di diserzione e insubordinazione che vennero repressi in modo spietato.

Luigi_Cadorna_02LE OFFENSIVE DEL GENERALE CADORNA
Nella seconda metà del 1915 il generale Luigi Cadorna, avendo a disposizione un esercito maggiore rispetto a quello austriaco, forzò la situazione e ordinò quattro offensive sul fiume Isonzo che si rivelarono inutili e terribili in quanto a perdite umane.
Nel 1916, i limiti della strategia italiana emersero in modo evidente, quando il generale francese Joffre, per distogliere l’attenzione austro-tedesca sul fronte di Verdun, sollecitò italiani e russi a compiere azioni diversive sui rispettivi fronti per impedire la tattica dell’usura. Cadorna, nonostante il fallimento delle precedenti, ordinò una quinta offensiva sull’Isonzo, dove venne respinto. A questo punto lo stato maggiore austriaco decise di sferrare una “spedizione punitiva” (Strafexpedition) contro l’Italia, considerata traditrice.
La spedizione punitiva austriaca stava per piegare le resistenze dell’esercito italiano, che ricevette l’aiuto dei russi, che il 4 giugno sferrarono una poderosa offensiva contro l’Austria, spingendo la linea difensiva austriaca fino ai Carpazi meridionali.
La Strafexpedition era fallita, ma solo grazie alla Russia. L’esercito italiano aveva dato dimostrazione di essere disorganizzato e fragile. Ciò portò alla caduta del governo Salandra, che non è stato in grado di gestire una guerra che aveva presentato come breve e vittoriosa. Nuovo capo del governo divenne Paolo Boselli, di scarsa personalità politica ma con ampio sostegno parlamentare, da Sonnino, riconfermato ministro degli Esteri, ai socialisti come Bissolati e Bonomi.

IL TRAVAGLIO DEL PACIFISMO
Ormai la guerra si era rivelata distruttiva dal punto di vista umanitario tanto che i paesi belligeranti cominciarono a manifestare segni di stanchezza e di opposizione alla guerra. Anche il papa, Benedetto XV, nel 1917, si appellò ai governanti dei paesi europei affinché ponessero fine all’”inutile strage” e cercassero piuttosto un accordo per risolvere le controversie che li avevano divisi. Purtroppo il fenomeno dell’imperialismo non poteva più essere fermato.
Allo scoppio della guerra i partiti socialisti europei avevano votato i crediti di guerra appoggiando i rispettivi governi e mostrando come l’appello patriottico e nazionalista fosse ancora molto efficace.
Solo i socialisti italiani erano rimasti fedeli alla propria posizione neutralista pacifista. La Seconda internazionale, nel 1914 fallì sul problema della guerra. Tuttavia, nel 1916, cominciò a riprendere fiato l’orientamento pacifista e i partiti socialisti, nella conferenza di Kienthal, si schierarono in favore di una cessazione immediata dei conflitti condannando la guerra come elemento distruttivo che ha causato milioni di morti soltanto per motivi economici e di supremazia.

LE POPOLAZIONI CIVILI: FAME, MISERIA E REPRESSIONE DELLE PROTESTE
Nel 1916 la flotta inglese bloccò i rifornimenti di armi e beni di prima necessità bloccando e perquisendo le navi in rotta verso i porti tedeschi in modo da isolare gli Imperi centrali. La Germania rispose colpendo le navi inglesi con la guerra sottomarina, guerra che bloccò quasi totalmente il commercio via mare con ripercussioni sulla popolazione civile che si ritrovava affamata e impoverita a causa di scarsità di beni di prima necessità che ha portato anche ad un aumento dei prezzi.
La guerra veniva quindi combattuta non solo nelle trincee, ma anche sul fronte interno, dove si viveva con la fame ed in miseria. Questo malessere, nel 1917, portò alla formazione di scioperi e manifestazioni di piazza che, andando contro la guerra, vennero represse. In quasi tutti i paesi si formarono governi di coalizione nazionale, ai quali parteciparono anche le opposizioni per sostenere la guerra contro il pericolo di un generale “disfattismo”.

LA SVOLTA DEL 1917: LA RIVOLUZIONE RUSSA E L’INTERVENTO AMERICANO
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Tra i soldati si diffondeva il rifiuto di una guerra sempre più sanguinosa. In Russia, questo malcontento ha dato vita ad una rivoluzione che, determinò la fuoriuscita del paese dalla guerra mondiale e che trasformò la Russia da governo imperiale a governo del partito comunista.
Proprio mentre la Russia uscì dalla guerra, a schierarsi vicino l’Intesa ci furono gli Stati Uniti che, il 6 aprile 1917, dichiararono guerra alla Germania e in seguito all’Austria-Ungheria. Per la Prima volta l’America intervenne nelle questioni Europee contravvenendo ciò che era stabilito dalla dottrina di Monroe. Questa dottrina sanciva la volontà degli USA di non intromettersi nelle dispute fra le potenze europee, e fra ciascuna potenza europea e le rispettive colonie d’oltremare (una sorta di isolazionismo). Il presidente Wilson fece questa scelta di intervento giustificando la battaglia come guerra tra democrazia e gli “antichi regimi”. Tuttavia a determinare la scelta furono anche forti interessi economici legati ai cospicui guadagni e la volontà degli USA di occupare il rango di grande potenza mondiale.
L’ingresso degli Stati Uniti rappresentò un passo in avanti notevole che cambiò gli equilibri della guerra. Gli USA erano avvantaggiati per la forza e modernità del proprio apparato industriale, perché non combatteva nel proprio territorio e possedeva una vastità di risorse umane.
Nonostante questi fattori, l’esercito americano subì gravissime perdite: in poco più di un anno, più di 100.000 di soldati morirono.

L’ULTIMA OFFENSIVA AUSTRO-TEDESCA
Dopo l’annuncio dell’entrata in guerra degli Stati Uniti, gli Imperi centrali si prepararono a un grande sforzo offensivo per cercare di risolvere la guerra prima che le truppe americane sbarcassero in Europa.
Quando la Russia uscì dalla guerra, migliaia di soldati tedeschi, precedentemente schierati sul fronte russo, poterono essere richiamati sul fronte orientale insieme ai soldati austriaci per sferrare un attacco sul fronte italiano, considerato l’anello debole dell’Intesa.
I soldati italiani erano infatti più stanchi e demotivati, non solo per l’esaurimento delle risorse fisiche e psicologiche, ma anche a causa delle notizie dalla Russia: grazie ad un movimento di operai e contadini, la Russia era uscita dalla guerra. Per la prima volta i ceti più bassi prendevano il potere attraverso l’iniziativa rivoluzionaria.
Per questo motivo i comandi degli eserciti inasprirono la censura e applicarono con rigore e severità la legge militare affinché non si diffondessero le notizie russe che avrebbero potuto accendere l’entusiasmo rivoluzionario dei soldati. Nonostante ciò nacque il mito della Russia bolscevica.
Fu in questo contesto drammatico che a fine ottobre nel 1917 maturò la disfatta di Caporetto che rischiò di esporre l’Italia alla capitolazione definitiva.

1918: LA VITTORIA DELL’INTESA
Nei primi mesi del 1918, i tedeschi e gli austriaci cercarono di raggiungere una rapida vittoria sferrando una serie di attacchi poderosi in Italia e Francia. Ma le linee difensive dell’Intesa ressero e tra settembre (Francia) e ottobre (Italia, battaglia di Vittorio Veneto), l’Intesa sbaragliò completamente il nemico. La vittoria fu dovuta principalmente a due fattori: l’intervento degli Stati Uniti, con apporto di forze fresche e ben equipaggiate; il cedimento del fronte interno, sia in Germania che in Austria, perché la popolazione era psicologicamente stremata e ormai ridotta alla fame.
Gli alleati avevano posto un embargo molto efficace che aveva tagliato quasi tutte le rotte di rifornimento e la produzione era incentrata sulla produzione di forniture militari. Tutto ciò rese impossibile continuare la guerra.
Perciò nel novembre 1918 i tedeschi, gli austriaci e tutti i loro alleati chiesero l’armistizio alle potenze dell’Intesa (in Italia il 3 novembre 1918). L’inutile strage era finita lasciando sul campo più di otto milioni di morti.

Pubblicato da bmliterature

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